Riprendiamo il discorso sulle interferenze avviato nella lezione precedente e spieghiamo in cosa consista uno degli effetti legati ad esse ancora oggi dibattuto: i suoni di combinazione, fra cui il più famoso è il terzo suono di Tartini. Sviluppando il discorso, vediamo in cosa consistano le basi fisiche della dissonanza.
I cosiddetti suoni di combinazione, il cui aspetto più semplice è dato dai suoni differenziali, furono coperti dal violinista Giuseppe Tartini, e, indipendentemente da questi, dall’organista Georg Andreas Sorge. I suoni differenziali hanno una frequenza che è pari alla frequenza che intercorre fra le frequenze dei suoni generatori. Nel caso studiato sia da Tartini che da Sorge, si tratta della differenza tra due frequenze in rapporto di quinta giusta, ossia nella serie delle armoniche 3/2. In questo caso il suono differenziale, definito da Tartini terzo suono, è il fondamentale della serie armonica alla quale appartengono i due generatori. Infatti: 3 - 2 = 1. Nonostante la chiarezza aritmetica che caratterizza le varie situazioni, la teoria accredita l’effetto sensoriale dei suoni di combinazione a fattori prevalentemente soggettivi.
L’effetto prodotto dai battimenti, che varia, anche a parità della loro frequenza, con il variare dell’altezza dei suoni generatori, si manifesta come una ondulazione dell’intensità del suono, che può essere anche di gradevole effetto quando il fenomeno si verifica nella fascia dai 150 e i 1500 periodi circa, a condizione che il numero dei battimenti stessi sia di 5 o 6 al secondo. Battimenti più frequenti nella parte alta delle frequenze udibili producono una specie di rugosità del suono, mentre battimenti anche lenti nelle frequenze inferiori del campo di udibilità producono un effetto vero e proprio di pulsazione dell’onda sonora. Quando la frequenza dei battimenti supera un certo valore, variabile anch’esso in funzione dell’altezza dei suoni battenti, gli effetti dianzi descritti scompaiono per dar luogo a una asprezza della combinazione piuttosto accentuata, che continua ad aumentare anche se ad certo punto l’orecchio percepisce la disgiunzione dei suoni generatori, i quali vengono percepiti distintamente mentre continua l’effetto sgradevole prodotto dai battimenti, che si identifica con la causale fisica della dissonanza.
La dissonanza, il cui apprezzamento estetico-musicale evolve nel tempo, ha dunque una causa fisica ben determinata, già individuata da Helmholtz e confermata attraverso successive prove elettroacustiche, la più convincente delle quali consiste nell’inviare, mediante ricevitori auricolari, la somma dei suoni generatori ( ad esempio : 440 e 466 Hz, corrispondente a un intervallo di semitono temperato) ai due orecchi simultaneamente, mediante un apposito commutatore si procede poi alla separazione dei due suoni , in modo che essi giungano divisi, uno all’orecchio sinistro l’altro a quello destro. Nell’isitante stesso in cui avviene la commutazione, cessa l’effetto dei battimenti (trascurabilissimo è l’effetto dovuto alla conduzione ossea) e con essi scompare l’asprezza delle sensazioni, ossia la base oggettiva della dissonanza, che da quel momento resta un fatto puramente teorico relativo alla notazione musicale, spogliato cioè di quella realtà fisica in cui risiede il suo vero fondamento, mentre i due suoni assumono vita ed effetti indipendenti l’uno dall’altro.