Continuiamo la rassegna delle forme musicali, occupandoci in questa lezione del mottetto, una forma musicale polifonica che si è sviluppata dalla metà del XII secolo fino ai giorni nostri, assumendo aspetti diversi e definendosi in alcuni tipi fondamentali che qui distinguiamo brevemente.
Il mottetto o motetto è una forma musicale polifonica vocale o vocale e strumentale. Sviluppatosi in un vasto arco temporale ì, dal XII secolo ai giorni nostri, il mottetto ha assunto via via aspetti diversi, riconducibili ad alcuni tipi fondamentali.
È la forma più importante del medioevo europeo e affonda le sue radici nell’antico repertorio di Notre Dame, derivando in linea diretta dalla clausolae dell’organum di Perotino e della sua scuola; ma trova la sua prima organizzazione come forma autonoma soltanto attorno alla metà del XII secolo, cioè nella fase più matura dell’Ars Antiqua. In un primo tempo si sviluppò sulle parti della liturgia che potevano essere trattate polifonicamente, aggiungendo a frammenti di gregoriano (tenor) una o più voci (rispettivamente motetus e triplum) che cantavano una sorta di commento al testo del Tenor su melodie nuove. In seguito, le voci superiori cominciarono a presentare testi d’argomento amoroso o conviviale, assolutamente indipendenti dall’argomento liturgico del tenor che le sostiene e spesso diversi nel motetus e nel triplum (mottetto politestuale), mentre il tenor può venir eseguito da strumenti. Il codice di Montpellier è una delle fonti più importanti per la conoscenza del mottetto dei secoli XII e XIV, la cui produzione è ancora largamente anonima. Nel periodo dell’Ars Nova, il mottetto è una composizione a sé stante, impensabile nell’ambito della liturgia e basato esclusivamente su leggi di natura musicale: prima fra tutte la tecnica dell’isoritmia, applicata in maniera rigorosa da Philippe de Vitry e da Guillaume de Machault (mottetto isoritmico).
Nel mottetto quattrocentesco di scuola franco-fiamminga si può chiaramente osservare il processo di trasformazione del contrappunto dalle tecniche arsnovistiche allo stile rinascimentale. Le linee lungo le quali si attua questa trasformazione conducono alla graduale scomparsa della politestualità e del tenor gregoriano. Dunstable e Dufay si mantengono ancora sostanzialmente fedeli alle formule del mottetto isoritmico, ma le infrangono con grande libertà per dare spazio a un più ampio sviluppo e a una più raffinata elaborazione delle varie voci. Perfino il tenor gregoriano, che Dufay pone spesso nella voce superiore, viene arricchito di fioriture e, immesso nel gioco contrappuntistico alla pari con le altre voci. Accanto a mottetti religiosi con testo tratto dall’Ordinarium missae o dal Magnificat, il Quattrocento vede la fioritura di mottetti legati ad occasioni solenni e ad una religiosità laica e domestica. Fra i compositori fiamminghi della generazione successiva, Obrecht e Josquin trovarono nel mottetto la forma più adatta all’espressione del loro ideale artistico.
Nel Cinquecento elabora il modello di tradizione fiamminga nel senso di una graduale semplificazione del contrappunto e di una maggiore aderenza al significato del testo. I testi scelti da Orlando di Lasso sono caratterizzati per lo più da un taglio umano-drammatico, che gli suggerisce le tecniche compositive più varie; quelli di Palestrina sono invece prevalentemente di tipo mistico-simbolico, consentendo al compositore un maggiore distacco dalla materia trattata e quindi una più completa aderenza alla sua poetica. Nella produzione di scuola veneziana, e specialmente in quella di Andrea e Giovanni Gabrielli, il mottetto fiorisce e si moltiplica, diventa canzone, concerto, sinfonia, mentre al timbro delle voci si aggiunge la ricca gamma dei colori strumentali.
Dal 1600 in poi il mottetto si sviluppa secondo due linee divergenti: da una parte tende a conservare la tradizione palestriniana in opere di severo contrappunto vocale (per esempio lo “stile osservato” della scuola bolognese del XVIII secolo, facente capo a padre Martini); dall’altra si elaborano nuove forme che calano il tema religioso nel vivo del linguaggio musicale del tempo. Nascono così i mottetti concertati del barocco italiano (Monteverdi, Cavalli), i mottetti cantata di J. S. Bach, il gran mottetto della scuola di Versailles (M.A. Charpentier, J. Ph. Rameau, F. Couperin). Ormai il mottetto ha perso ogni riferimento formale alle sue origini ed è diventato un termine con il quale si può indicare qualsiasi composizione sacra non appartenga al ciclo della messa.