I nomi delle note, come sappiamo, sono sette, ma i suoni della scala cromatica sono dodici, le alterazioni musicali possono essere considerate come una sorta di espediente per far tornare i conti a livello armonico.
Come sempre partiamo dalla definizione generale, secondo la quale le alterazioni musicali o accidenti sono dei segni del sistema di notazione occidentale che, posti davanti ad una nota, ne prescrivono una modifica dell’altezza.
La classica successione dei sette nomi che siamo abituati ad associare alle note, vale a dire Do, Re, Mi, Fa, Sol, La e Si, con ogni evidenza non copre tutti i dodici suoni che compongono un’ottava. Nel temperamento equabile (che è il sistema musicale attuale con il quale si stabilisce che l'intera gamma di suoni che ci sono in un'ottava sia suddivisa in 12 parti uguali, detti semitoni) esistono ben cinque suoni che un nome vero e proprio non ce l’hanno, ma che vengono designati con lo stesso nome di una delle note che gli stanno accanto, seguito da un altro termine diesis o bemolle. Questo potrebbe portare alla convinzione che i suoni che possiedono un nome siano più importanti rispetto a quelli hanno un nome derivato.
“Sul pianoforte è lampante la distinzione tra le note "importanti" (i tasti bianchi) e le altre rimanenti (tasti neri), questo perché il pianoforte è stato strutturato nella tonalità di Do maggiore.
Col tempo e con la pratica qualsiasi musicista si renderà conto che è tutta una convenzione e che il concetto di importante o meno importante crolla quasi immediatamente perché quello che caratterizza le "note importanti" (il DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI) è il rapporto tra le loro differenti vibrazioni (distanze) e non il loro nome!
Quindi, se prendessimo per esempio i tasti bianchi che rappresentano le note Do e Re (che hanno un nome) e chiamassimo X il tasto nero che gli sta in mezzo, diremmo che Do e Re sono importanti e X un po' meno... ma se prendessimo il tasto X e poi il tasto nero subito dopo al Re (quello vicino ad X sulla destra!) e lo chiamassimo Y, sarà il tasto bianco in mezzo a loro due (Re) ad essere questa volta meno importante e sarebbero X e Y quelli importanti perché la loro distanza è la stessa che c'era tra Do e Re e questo li rende importanti (infatti da Do a Re c'è la distanza equivalente ad "una solo nota in mezzo a loro", proprio come tra X e Y e l'X che sta tra Do e Re equivarrebbe alla nota di mezzo che sta tra... X e Y, ovvero Re, considerato quindi questa volta meno importante perché "nota di mezzo"!)”. (cfr. corsodimusica.jimdofree). In altre parole, fra Do e Re esiste la stessa distanza che intercorre tra quei suoni che abbiamo chiamato X e Y, così come X e Re, a seconda delle note che si assumono come riferimento, possono apparire con una analoga funzione di note di mezzo tra due più importanti.
Una nota alterata può essere designata utilizzando due nomi diversi pur avendo lo stesso suono: in sostanza il suono che si trova tra Do e Re può essere designato o DO# (come se aumentassimo il Do di un semitono) o REb (come se diminuissimo il Re di un semitono) rapresentano cioè la stessa nota, così come RE# e MIb, FA# e SOLb, SOL# e LAb, LA#e SIb. Questa particolare situazione esistente tra due note viene identificata come suoni omofoni (queste note possono essere chiamate anche note enarmoniche).
Una prima fondamentale distinzione tra le alterazioni musicali è quella in relazione al diverso effetto sull’altezza delle note. In questo senso si possono distinguere accidenti ascendenti e discendenti.
Ai primi appartengono il diesis (♯) e il doppio diesis (♯♯) che posti davanti ad una nota scritta ne determinano un innalzamento rispettivamente di uno e due semitoni cromatici.
Sono accidenti musicali discendenti il bemolle e (♭) e il doppio bemolle (♭♭) che posti a sinistra di una nota ne determinano un abbassamento rispettivamente di uno e due semitoni cromatici.
Il bequadro (♮), invece, è un segno di alterazione che si antepone ad una nota per annullare l’effetto di una precedente alterazione o dell’armatura di chiave. Il doppio bequadro (♮♮) annulla l’effetto di un precedente doppio diesis o doppio bemolle.
Le alterazioni musicali possono distinguersi anche in relazione alla durata del loro effetto. In questo caso abbiamo:
Alterazioni in chiave o fisse, riportate subito dopo la chiave, producono un effetto, che si estende per ogni ottava e si conserva per la durata dell’intero brano, salvo nuova indicazione (cambiamento di tonalità). Il numero delle alterazioni in chiave permette di stabilire la tonalità di un brano.
Alterazioni transitorie o momentanee, poste davanti alla nota, hanno la funzione di alterare oltre che la nota stessa anche quelle che la seguono, fino alla fine della misura.
Esistono, poi, le alterazioni musicali di cortesia o di precauzione che vengono generalmente riportate nello spartito tra parentesi. Si tratta di alterazioni che, in base alle regole di scrittura, non sarebbe strettamente necessario segnalare, ma che servono per ricordare all’esecutore che una determinata alterazione è ancora (o non lo è più) in uso. Sono indicazioni particolarmente utili in prossimità di cambi di tonalità, in caso di ripetute variazioni tra nota alterata e naturale, in situazioni armoniche complesse o ambigue, in caso di considerevole distanza tra la prima nota alterata e la seguente dentro la medesima battuta.