Consonanza e dissonanza descrivono la dinamica della musica caratterizzata dalla continua alternanza tra uno stato di tensione e uno stato di stabilità, tra uno stato di moto e uno stato di quiete. La musica per essere piacevole necessita di un equilibrio tra questi fattori, al punto che si può, a buon diritto, affermare che la risoluzione della contrapposizione tra consonanza e dissonanza è una delle basi della teoria armonica occidentale.
Assonanza e consonanza sono termini musicali indicanti la qualità gradevole e sgradevole di un accordo di un intervallo sia come valutazione soggettiva di una sensazione sia in ordine ad una classificazione teorica. “Secondo la teoria musicale, si definisce più precisamente un insieme di suoni consonante quando è caratterizzato da "stasi armonica" (che dà senso di stabilità o di "appagamento") e dissonante quando dà l'impressione di essere un "movimento armonico" che debba essere seguito da ("debba risolvere su") un ulteriore insieme di suoni consonante per arrivare ad una sensazione di stabilità o di "appagamento". Nel linguaggio tecnico della teoria musicale, e in particolare dell'armonia, le due parole hanno significati ben precisi, e anzi si può dire che la contrapposizione tra consonanza e dissonanza, insieme al principio della tonalità, rappresenta la base della teoria armonica occidentale”.
Per i pitagorici consonanza e dissonanza sono il risultato di affinità ed eterogeneità dei suoni considerando un intervallo tanto più consonante (e tanto meno dissonante) quanto minore è il rapporto tra le frequenze dei due suoni che lo determinano raffrontato al sistema degli armonici naturali. Per i platonici la consonanza era la fusione di suoni in una unica impressione.
Galileo darà a sua volta un’interpretazione del fenomeni di consonanza e dissonanza a partire dalla considerazione di un segnale acustico risultante dalla sovrapposizione di due suoni del bicordo approssimativamente la lunghezza del suo periodo sarà “tanto minore quanto più il rapporto tra le frequenze fondamentali che costituiscono i due suoni sarà semplice, ossia espresso da una frazione intera con numeratore e denominatore non troppo grandi”. Per Galileo il grado di consonanza sarà maggiore in grandezza inversamente proporzionale alla lunghezza del periodo del suono complessivo e la dissonanza aumenta proporzionalmente all’aumentare di questo periodo.
Nel corso dell’Ottocento si comincia ad avere una primo studio sperimentale e sistematico dei fenomeni di assonanza e dissonanza ad opera di H. Helmholtz, sulla scota della sua analisi del suono sostenne che le sensazioni di gradevolezza e sgradevolezza associate rispettivamente ad assonanza e consonanza sono prodotte dal numero maggiore o minore di battimenti (intendendo per battimento l'effetto della sovrapposizione di due suoni (o altre onde) di frequenza vicina ma differente) che si producono tra i suoni costituenti l’intervallo o tra i rispettivi armonici. Secondo la teoria di Helmholtz uno stesso intervallo può risultare più o meno consonante o dissonante a secondo dell’altezza in cui si produce e del timbro dei suoni. Sulla base di questa teoria Helmholtz propose una netta distinzione tra intervalli consonanti e intervalli dissonanti, considerando i primi come intervalli aventi armonici in comune e i secondi come intervalli che non ne hanno. F. C. Stumpf trattò il tema della consonanza e dissonanza da un punto di vista psicologico e considerò consonanti i suoni che, ascoltati contemporaneamente, vengono percepiti come un unico suono e dissonanti, al contrario, quelli che vengono percepiti distinti.
Nell’accezione corrente, un accordo è considerato consonante se formato esclusivamente da intervalli consonanti, dissonante se contiene intervalli dissonanti. Nella pratica, la percezione di consonanza e dissonanza viene prodotta non solo dall’intervallo ma anche dalle dinamiche, dai timbri, dalle altezze, dai caratteri formali ed espressivi della coscienza storica che le ingenerano durante l’ascolto di una esecuzione musicale. Inizialmente nella teoria musicale occidentale si considerarono consonanti nell’ambito dell’ottava soltanto gli intervalli di quarta, quinta giusta e ottava. Successivamente con W. Odington venne classificata come consonante anche la terza, che però insieme alla sesta, che fossero maggiori o minori, vennero a lungo ritenute una consonanza imperfetta.
Utilizzate regolarmente nella pratica armonica, sesta e terza vennero regolarmente incluse tra le consonanze solo dopo Zarlino a partire, cioè, dal XVI secolo e all’interno del sistema tonale il principio della sovrapposizione delle note per terze venne assunto come sistema base per la creazione degli accordi. Dissonanti continuarono ad essere considerati gli intervalli di seconda e settima sia eccedenti che diminuiti. Con l’avvento del cromatismo, delle partiche atonali e seriali la distinzione tra consonanza e dissona degli intervalli e il principio dell’aggregazione per terze degli accordi sono via via venuti meno e scomparsi.