Per “L’Infinito” di Vecchioni torna anche Guccini

Per “L’Infinito” di Vecchioni torna anche Guccini

"Un album ottimista, di resistenza analogica e culturale, frutto di una grande cura per le melodie e per le parole": così Roberto Vecchioni descrive L'Infinito, il suo nuovo lavoro discografico pubblicato il 9 novembre, prodotto da Danilo Mancuso per DME e distribuito da Artist First, anche in versione autografata su www.musicfirst.it.

Il lavoro che racchiude 12 brani inediti, con musica e parole del cantautore, è pubblicato in formato CD, in edizione Deluxe arricchita dal saggio “Le parole del canto. Riflessioni senza troppe pretese” e in Vinile Limited Edition.

Dunque, solo cd e vinile e niente download e streamingper una precisa scelta, quella resistenza analogica di cui si parlava, che diventa necessaria anche alla luce dell’intenzione dell’autore di realizzare un concept album. L’Infinito è, infatti, una sorta di album manifesto, “non 12 brani – come spiega Vecchioni – ma un’unica canzone divisa in 12 momenti”, in una dimensione temporale verticale che rinvia al tema dalle suggestioni letterarie: la necessità di trovare l’infinito al di qua della siepe, dentro noi stessi.

Collaborazione con Francesco Guccini

Tra le tracce del disco, che rappresentano un inno alla vita nella sua completezza anche attraverso il dolore e la disperazione, con omaggi alla forza d'animo di persone come la mamma di Giulio Regeni e la guerrigliera curda Ayse uccisa dall'Isis, spicca la preziosa e sorprendente collaborazione con Francesco Guccini che aveva annunciato, dopo l'uscita del suo ultimo album L'ultima Thule, il ritiro dalle scene. Per la prima volta i due cantautori duettano sulle note del primo singolo dell'album Ti insegnerò a volare, un brano che, per stessa ammissione dell’autore, appare come il simmetrico ribaltamento dell’assunto della celebre Samarcanda, dove il destino appariva come ineluttabile orizzonte in grado di vanificare ogni sforzo umano. Qui, la storia e la vita di Alex Zanardi, a cui la canzone è dedicata, diventa "metafora della passione per la vita che è più forte del destino”, una orgogliosa celebrazione di uno slancio vitale che impone le sue ragioni anche contro il fato più avverso.

“Questo brano – racconta Vecchioni – si specchia direttamente in quella che è stata chiamata la “canzone d’autore” e che non c’è, non esiste più dagli anni ’70. In realtà l’intero disco è immerso in quell’atmosfera perché là è nato e successo tutto. Là tutto è stato come doveva essere, cioè immaginato, scritto e cantato alla luce della cultura, semplice ed elementare oppure sottile e sofisticata, ma comunque cultura. Forse per questo Francesco Guccini (che ho fortemente voluto nel mio disco per quello che rappresenta, e lo ringrazio ancora di esserci stato), ha scelto di cantare con me”.

Duetto con Morgan

Quella con Guccini non è l’unica collaborazione, il disco contiene anche un duetto con Morgan. Racconta il cantante:

“Era venuto ancora ragazzo a un mio concerto accompagnato dal papà, così l’ho coinvolto nella canzone che parla di me, Morgan canta l’ultima strofa diCom’è lunga la nottein terza persona, come se mi guardassi da fuori”

Questo album rappresenta per il cantautore milanese un punto di arrivo, una conclusione, che cerca di dare finalmente delle risposte al grande mistero della vita. Dice Vecchioni:

“Viviamo in un mistero che non conosciamo. In questa confusione bestiale abbiamo una valigia pesantissima dentro cui c’è il significato, ma non possiamo aprirla. Possiamo solo immaginare con la mente, il cuore e l’anima cosa c’è dentro la valigia, vale a dire il senso del nostro esistere. Ed è facile, facilissimo: si vive per l’amore. Dobbiamo amare la vita nostra e degli altri. E dobbiamo dirlo forte e smettere di piangerci addosso. La vita è straordinaria nella sua malignità nella sua dolcezza”.

Per esprimere al meglio questo concetto semplice e profondo Vecchioni ricorre all’ultimo Leopardi, quello di Napoli prossimo alla morte che ritroviamo nella canzone che dà il titolo al disco. Spiega l’autore:

“Mi sono detto: devi trovare la persona la più lontana possibile dall’amore per la vita. La devo trovare e farle amare la vita. Ecco perché ho scelto l’ultimo Leopardi. È l’esempio che volevo, quello più grande. Ed è venuta fuori la canzone più importante della mia vita”.

Questa ottimistica celebrazione della bellezza e della forza della vita cede allo sgomento solo nella canzone finale Parola,che rappresenta una accorata elegia sulla morte delle parole. Commenta a proposito Vecchioni:

“Oggi i nostri ragazzi conoscono in media 600 parole. Dieci anni fa erano 5000. La parola italiana sta morendo. E allora alla fine di questo disco ottimista, commosso e positivo canto una specie di canzone d’addio alla parola, un po’ felliniana”.

L’album è il frutto della collaborazione di un team d’eccezione, Lucio Fabbri (produzione artistica): pianoforte, piano elettrico, organo Hammond, violino, viola, fisarmonica, basso elettrico e chitarra elettrica; Massimo Germini: chitarra classica e acustica, chitarra 12 corde, mandolino, bouzouki, ukulele, liuto cantabile; Roberto Gualdi: batteria e percussioni. Al basso, Marco Mangelli, che ha voluto suonare nel disco nonostante un male che poco dopo l’ha portato via.

 

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