Venticinque anni dopo la prima uscita in libreria, la casa editrice La Nave di Teseo ripropone Presto con Fuoco, il romanzo d’esordio di Roberto Cotroneo. Una narrazione unica nel panorama italiano e, come scrisse Umbero Eco, “un libro affascinante. Un romanzo interamente consacrato alla passione per uno spartito musicale e, tuttavia, il lettore che non conosce la musica, in generale, e Chopin in particolare, non si sente affatto smarrito. Anzi, alla fine, è perfettamente a suo agio in questo universo”.
“Quando mi dicono che l’universo è insieme semplice e complesso, penso al mio pianoforte e capisco esattamente che cosa si intende con questa espressione”.
Conosciuto ancora solo come implacabile critico letterario sulle pagine dell'Espresso, dove dispensava giudizi al vetriolo su molti scrittori, Roberto Cotroneo si cimentava per la prima volta con la narrativa, pubblicando nel 1995 Presto con fuoco, libro cui venne poi assegnato il Premio Selezione Campiello e il Premio Fiesole Narrativa Under 40, entrambi nel 1996.
Da tempo praticamente introvabile, il romanzo torna proprio oggi nelle librerie in una nuova edizione per la casa editrice La Nave di Teseo. Il romanzo mette in scena una appassionante e infuocata vicenda, rara nel panorama italiano, centrata sulla figura di un grande pianista che nelle manie e nelle fobie, nonché in alcuni dettagli logistici, ricorda da vicino Arturo Benedetti Michelangeli. La scrittura dell’autore astigiano traccia un abile e contrappuntistico parallelo tra la biografia di questo pianista e quella di Frédéric Chopin, accomunati dalla ricerca spasmodica ed ossessiva di una misterica "calligrafia delle passioni".
La narrazione, che si dipana tra le tinte del giallo sofisticato e cerebrale, offre a Cotroneo l’opportunità di esibire la sua profonda conoscenza musicale e filosofica e una capacità di scrittura che forse talvolta indulge in qualche tecnicismo evitabile, ma che si rivela sempre abile nel tessere con sapienza una trama capace di intrecciare piani narrativi e temporali che oscillano continuamente tra l’Ottocento e i giorni nostri.
I fatti raccontati nel romanzo sono quanto mai scarni ed essenziali in quanto gran parte della materia narrata avviene nella mente dell’innominato protagonista che, in un incantato angolo della Svizzera in una villa con vista sulla Jungfrau, inizia a ripensare alla sua vita, ormai giunto a 75 anni e con una carriera declinante perché: "solo i critici possono credere che un uomo d' ottanta anni possa suonare con l'elasticità e la padronanza della giovinezza".
Alla mente dell’uomo torna in particolare un episodio che lo segnerà per tutta la vita, accaduto un quarto di secolo prima quando nel suo alloggio di Quai d' Orléans, a Parigi, viene avvicinato da un esule russo, un personaggio all’apparenza ambiguo, sgradevole, forse un ricattatore, forse solo un imbroglione. Il russo dichiara di averlo sentito suonare a Mosca e Leningrado e che ha sempre cercato di incontrarlo, senza successo, perché avrebbe una cosa preziosa da affidargli.
Si tratta di un manoscritto inedito di Fryderyk Chopin, una versione della Ballata n. 4 in fa minore op. 52, in cui la conclusione del brano, la coda, è stata cambiata rispetto a quanto dato alle stampe dallo stesso Chopin. Due foglietti vergati con una grafia febbrile, straziata da costanti cancellature e ripensamenti, che contengono un finale sconosciuto del celebre brano nel tempo "Presto con fuoco" (da cui il titolo).
Questo avvenimento costituisce la molla narrativa che innesca nel protagonista tutta una serie di profonde e articolate riflessioni e pensieri sulla musica e sulla vita, nonché, come già detto, il rispecchiamento tra la propria vicenda personale e quella del grande compositore polacco. La conturbante struttura da romanzo di sdoppiamenti e specchi è testimoniata anche dalla vicenda che lega la partitura sconosciuta alla relazione tra il compositore e Solange Dudevant, figlia di Georges Sand, celebre amante del musicista, che richiama da vicino la relazione amorosa tra il protagonista del romanzo e una donna anch’essa di nome Solange, quasi una reincarnazione della prima.
Il costante gioco di rimandi e flash-back tra un passato ripercorso a partire dall’anno della morte di Chopin, il 1848, e il presente del protagonista conferisce un ritmo serrato allo svolgersi della narrazione che non manca di avvincere e conferire mistero e inquietudine alle pagine.
Come scrive Grazia Giordani: “La musica che esce prepotentemente fuori dalla pagina ha la struttura di "colonna sonora della vita", di "contrappunto dei pensieri" dell'autore e di continui transfert tra il protagonista e i grandi interpreti di Chopin del passato: possiamo godere così anche di piccoli ritratti di Cortot e Rubinstein, e per merito della penna di Cotroneo, tutto un mondo di maghi del pianoforte ci danza - o meglio - suona intorno, riempiendo la pagina di colte armonie”.
Il romanzo di Cotroneo ci regala, in ultima istanza, un'originale, preziosa e lunga riflessione sulla musica e sulla natura di un concertista in forma di romanzo. La musica oggi, non manca di osservare tra l'altro, con ragione, l’autore, intrattiene un singolare rapporto con il mondo. È facilmente accessibile ovunque e in qualsiasi momento: "Eppure mai come in questa epoca la musica non si ascolta... passa attraverso i timpani senza che ne rimanga memoria". E per quanto riguarda un pianista (ma si può dire lo stesso di un qualsiasi musicista classico o anche di un direttore d’orchestra): "Temevo e sentivo i limiti di un mestiere, il mio, che alla fine non crea, ma se vogliamo commenta all' infinito pagine date, immodificabili, scritte da altri". Oppure: "Ero un esecutore, un mero esecutore. Soltanto in musica questa parola ha un valore positivo, anzi, è indice di talento, genio, raffinatezza".