In questa lezione affrontiamo il tema dello studio a memoria dei brani al pianoforte, illustrando le quattro tipologie di memoria attraverso le quali si può si può realizzare, stabilendo al contempo una gerarchia in termini di importanza tra di esse.
Ci sarebbe molto da scrivere intorno al tema della memorizzazione della musica per pianoforte, in questa sede ci limiteremo ad una rapida ricognizione di tutte le tipologie di memoria che entrano in gioco nello studio del pianoforte.
Come sappiamo il cervello impara la musica attraverso diverse modalità sensoriali. Abbiamo infatti una memoria tattile, uditiva e visiva per la musica per pianoforte.
Diversi pianisti possono fare più affidamento sull'uno o sull'altro, ma la maggior parte degli studenti di piano fa affidamento principalmente sulla memoria tattile o cinestetica, chiamata anche "memoria muscolare". Essa si sviluppa per mezzo della semplice ripetizione e si identifica con la capacità di riprodurre le note senza una vera consapevolezza di ciò che si sta eseguendo, cioè senza conoscere esattamente le note che si suonano. Questo tipo di memoria si acquisisce in maniera spontanea attraverso lo studio di un brano, perché sono le dita delle mani che memorizzano per noi grazie alla ripetizione di un singolo movimento. Non c’è alcun dubbio che la memoria muscolare rappresenti un elemento basilare per poter studiare il pianoforte, poiché suonare tale strumento è un atto performativo, ma bisogna anche essere consapevoli che la memoria cinestetica è notoriamente inaffidabile.
Questo è uno dei motivi per cui diventa essenziale affiancare allo studio dello strumento anche un corretto addestramento dell'orecchio. Più le dita sono informate da un orecchio sviluppato e addestrato, meno si ha bisogno di fare affidamento esclusivamente su una forma di memoria e più ci si sente sicuri. Sviluppare una memoria uditiva consente di immaginare, “ascoltare” il pezzo mentre la musica si dispiega. Durante l’esecuzione, la memoria uditiva consente al musicista di “cantare nella mente”, oppure, pensare un passaggio o una melodia prima di suonarlo.
Attraverso la memoria visiva (o fotografica), in generale, possiamo richiamare e visualizzare nella mente la pagina scritta dello spartito, così come altri aspetti visivi dell’esecuzione. Si basa sull’immagine della parte, cioè l’impaginazione dei singoli fogli, la distribuzione dei pentagrammi o anche i singoli appunti sul rigo musicale. Sin dai primi momenti in cui si studia un nuovo brano, si acquisisce una memoria visiva mentale del brano che permette, ad esempio, di identificare un passaggio particolarmente complesso attraverso un rapido sguardo e senza doverlo decifrare nota per nota.
L'ultimo tipo di memoria non è sensoriale, ma piuttosto teorico. Questa è la memoria analitica, ed è qui che entra in gioco la tua conoscenza della teoria musicale. Per poter sviluppare una memoria intelligente, è necessario essere in possesso di una profonda conoscenza della partitura e della struttura musicale in ogni suo dettaglio. Si può ben dire che la memoria acquisita attraverso un’attenta analisi della partitura sia prioritaria rispetto alla memoria uditiva, visiva e cinestetica. Rispetto alle altre tipologie di memorie, quella analitica genera una visione più profonda dei concetti, che consente di comprendere meglio e più dettagliatamente ciò che si sta eseguendo. Dovendo stabilire un ulteriore gerarchia, la memoria visiva e uditiva sono più importanti della memoria cinestetica. Come hanno osservato Gieseking e Leimer: “Le dita servono il cervello, eseguono l’azione che il cervello comanda. Di conseguenza, se grazie a un orecchio ben esercitato risulta chiaro al cervello come eseguire correttamente, le dita lo faranno correttamente”.