Per raggiungere il miglior risultato nello studio del pianoforte, è possibile leggere il brano prima a mani unite (raramente un pianista più esperto è in grado di resistere alla curiosità, del resto la “bulimia” di note dei musicisti in molti casi è più forte di ogni precetto), ma subito dopo senza alcuna esitazione è necessario passare allo studio a mani separate, affrontando con la necessaria dose di pazienza anche i brani all’apparenza più semplici. Questo permetterà di ridurre i guasti derivanti da una lettura superficiale e frettolosa, che in molti casi comportano errori di note e diteggiature non funzionali. Per alcuni queste righe, che seguono anche altri articoli dedicati all’argomento, potranno sembrare scontate e superflue, in realtà è bene sottolineare l’importanza dello studio a mani separate, per quanto da alcuni insegnanti sia considerato addirittura inutile, se non dannoso. Il motivo di questa avversione risiede nella convinzione che il cervello, quando presiede al movimento delle due mani, agisce in modo diverso rispetto a quando comanda una mano sola. Naturalmente questa convinzione è del tutto errata, in quanto l’osservazione attenta dei gesti e prima ancora delle diteggiature e delle note, che può essere sviluppato solo a partire da uno studio a mani separate, nella realtà dei fatti rende più veloce il processo di apprendimento di un brano e riduce in maniera sensibile il margine d’errore.
Dobbiamo essere consapevoli che il nostro cervello non è come una lavagna, che può essere cancellata con un semplice colpo di spugna, ma molto più verosimilmente è simile ad una pellicola fotografica, che cattura e trattiene nozioni corrette ed errate, e dunque appare molto più rapido ed efficace un apprendimento che passi dallo studio a mani separate, che permettere di evitare correzioni di eventuali errori a distanza di tempo.
Per rendere lo studio ancora più incisivo è possibile scomporre anche la parte suonata con una mano sola al fine di rendere più facile la differenziazione timbrica indispensabile alla polifonia. Occorre utilizzare differenti tipi di tocco fra le cinque dita, per applicare il peso alle note tematiche, senza gravarle di quelle comprimarie. Se si considera che non solo Bach, ma in pratica la quasi totalità della musica pianistica di difficoltà medio-alta è polifonica, è facile capire come questa pratica risulti essere indispensabile.
Infine, per rendere ottimale l’apprendimento durante lo studio a mani separate, è utile far pendere inerte lungo il corpo il braccio inattivo, per migliorare la rilassatezza della spalla e di conseguenza di tutto il busto. A questo proposito, bisogna ricordare che, almeno in fase di studio, anche la muscolatura del viso deve essere priva di contrazioni: durante l’esecuzione, invece, in alcuni casi l’espressività musicale si riflette in maniera spontanea sul viso dell’esecutore e può rivelarsi controproducente cercare di reprimerla, sebbene siano da evitare in ogni caso smorfie esagerate.
Quando si è raggiunta una buona padronanza del brano, un’altra accortezza da mettere in atto per rifinire la sua preparazione consiste nel suonarlo con una mano mentre l’altra mima i movimenti sui tasti, sfiorandoli appena, o, nel caso dovesse risultare più semplice, “esegue” il brano sul leggio. In questo modo, è possibile ascoltare una parte come se si avesse a disposizione le casse di uno stereo, ma l’attenzione sarà quella dell’esecuzione a mani unite e risulteranno più evidenti le lacune sia timbriche che tecniche.