Difficile da spiegare quanto emozionante all’ascolto, il rubato è un modo di suonare nel tempo fuori dal tempo, vive cioè in equilibrio tra la regola e la creatività, tra il lecito e l’illecito. In questa lezione svolgiamo alcune considerazioni di ordine generale su questo aspetto dell’interpretazione pianistica che da sempre suscita ampio e articolato dibattito.
Prima di sviluppare alcune considerazioni di ordine generale sul rubato al pianoforte è opportuno fare alcune precisazioni in merito ad un concetto strettamente connesso e troppo spesso interpretato in maniera rigida e ristretta: il ritmo.
Quando si pensa al ritmo spesso si fa riferimento ad una organizzazione rigorosa, ad un moto ordinato dei suoni, cioè quello che si svolge sulla base di determinate unità di tempo aventi i seguenti requisiti: uguaglianza di durata (isocronismo); suscettibilità a dividersi esattamente in elementi di minore valore o a sommarsi in altri di maggiore; possibilità di differenziarsi fra di loro per un'accentuazione diversa (accento debole, accento forte). Per quanto corretta sul piano teorico, questa definizione rischia di far perdere di vista un aspetto essenziale del ritmo stesso, ovvero il suo essere un organismo vivente, con tutto quello che questo carattere comporta.
In quanto organismo vivente, infatti, il ritmo risulta essere irriducibile al ticchettio di un orologio o all’oscillazione di un pendolo e di conseguenza, anche alle indicazioni metriche di un metronomo, questo perché la scansione fredda e regolare di un qualsiasi dispositivo tecnico non hanno nulla di vitale e vivo. Il ritmo, invece, deve essere interpretato come la rappresentazione musicale di ciò che è naturale e dunque può essere opportunamente paragonato al respiro, al moto delle onde, al battito cardiaco. Proprio il parallelo con le pulsazioni del cuore offre una illuminante rappresentazione allorché sappiamo che esse non sono mai regolari, ma subiscono delle variazioni dettate dalle emozioni e allo stesso modo si può dire della musica, che è precisamente rappresentazione delle emozioni di un artista per mezzo dei suoni.
Proprio perché espressione di un’anima che vuole essere raccontata e raccontarsi, il ritmo si deve intendere come un organismo vivente che segue il senso e l’emergere dell’emotività e non può essere ridotto ad alcuna pulsazione meccanica. Del resto, non c’è nulla di più noioso e privo di slancio di una esibizione esclusivamente concentrata sul rispetto rigoroso e acritico del tempo metronomico, proprio perché priva di vita.
Si deve al romanticismo l’apertura di un vero e proprio mondo in direzione della flessibilità e della libertà ritmica messa al servizio dell’espressione musicale. Questa apertura si chiama appunto rubato che, analogamente a quanto detto per il ritmo, non è altro che la rappresentazione in musica di un’emozione. Proprio di ogni emozione è la natura dinamica e variabile, sappiamo che ogni emozione nasce e progredisce fino a raggiungere un suo acme di intensità e per poter esprimere questo percorso in musica occorre, con ogni evidenza, mettere da parte il metronomo.
A questo punto, però, diventa necessario fare alcune precisazioni, come osserva giustamente Heinrich Neuhaus: "rubare vuol dire che se ruberete del tempo e non lo restituite in fretta, sarete un ladro; se inizialmente accelerate, in seguito dovete rallentare; allora rimarrete una persona onesta e in grado di stabilire l’equilibrio e l’armonia”.
La necessaria libertà che ci si può concedere in funzione espressiva non deve mai andare a discapito dell’armonia e dell’equilibrio perché in caso contrario si andrebbe incontro ad una esecuzione priva di centro ritmico e mutilata nel suo discorso musicale. Il movimento armonico e naturale in cui si deve sostanziare il ritmo lascia spazio alle necessarie oscillazioni delle emozioni, ma quest’ultime non devono sopraffare il tempo del brano.
Quindi in presenza di un rubato sarà necessario prima di tutto viverlo, cioè avvertire come un’emozione che si sviluppa e si fa sempre più viva e questo porterà ad un naturale accelerando, che, tuttavia, dovrà essere restituito al tempo della composizione. Ad ogni momento di tensione emotiva segue necessariamente un momento di distensione e quindi, come diceva Nehaus, se inizialmente si è fatto ricorso ad un accelerando, bisogna far seguire un relativo rallentando che restituisca armonia e equilibrio all’esecuzione.
Il tempo rubato è un effetto estremamente difficile da rendere in maniera corretta. Innanzitutto rubare non significa variare il ritmo accelerando e rallentando allo stesso modo accompagnamento e melodia, il tempo rubato va eseguito solo con la mano destra mentre la mano sinistra deve rispettare il tempo della composizione. Alla fine della battuta, ovviamente le due mani dovranno ritrovarsi insieme alla perfezione.
Il tempo rubato non agisce su una singola nota ma sempre su un gruppo di note dal carattere molto espressivo. Infine come già sottolineato in precedenza il tempo rubato non deve incidere sul tempo della composizione, se alla velocità giusta scandita dal metronomo un brano dura 5 minuti quel minutaggio dovrà essere rispettato anche con l’inserimento dei rubati.