A darne notizia, un comunicato diffuso dalla sua addetta stampa, Gwendolyn Quinn.
“È con profondissima tristezza che annunciamo la scomparsa di Aretha Louise Franklin, la Regina del Soul”, scrive Quinn. “Franklin … è scomparsa giovedì mattina 16 agosto alle 9:50 nella sua casa di Detroit, circondata da familiari e persone care. In uno dei momenti più bui della nostra vita, non siamo in grado di trovare le parole appropriate per esprimere il dolore nel nostro cuore. Abbiamo perso la matriarca e roccia della nostra famiglia. L’amore che aveva per i suoi figli, nipoti e cugini non aveva limiti”.
“Siamo stati profondamente toccati dall’incredibile flusso di amore e sostegno che abbiamo ricevuto da amici intimi, sostenitori e fan in tutto il mondo”, ha aggiunto Quinn. “Grazie per la vostra compassione e le vostre preghiere. Abbiamo sentito l’amore per Aretha e ci dà conforto sapere che la sua eredità continuerà a vivere. Mentre ci confrontiamo con il dolore, chiediamo di rispettare la nostra privacy in questo momento difficile”.
Una vita in musica quella vissuta dalla Franklin, che aveva iniziato giovanissima, con le sorelle, nella chiesa battista del padre, alla scuola del gospel, e già negli anni Cinquanta erano molte le case discografiche che volevano metterla sotto contratto.
Aretha realizzò i primi singoli con la Columbia per passare nel 1967 con la Atlantic dove incontrò i due leggendari produttori Jerry Wexler e Arif Mardin, conoscendo i primi travolgenti successi e pervenendo al suo personalissimo stile, un precipitato di diverse influenze, capace di travalicare i generi.
A proposito della sua musica si è, a ragione, parlato di Soul music, intendendo che nel suo caso ogni canzone, ogni nota emessa da quella straordinaria voce, aveva a che fare con l’anima, con la vita. Come tutti i grandi artisti, è stata capace di diventare un simbolo ispiratore per molti, ad esempio, come giustamente osserva Assante, “per le donne, perché rappresentava un'idea femminile libera e indipendente, per i neri, nel bel mezzo dell'esplosione del "black power", perché era in grado di affermare la libertà del suo popolo in ogni nota che cantava, per gli artisti, perché era in grado di vivere il suo tempo, con perfetta sintonia con quanto accadeva nel rock e nel pop, senza dimenticare le radici”.
La Franklin è stata in grado di realizzare una sintesi inarrivabile di tutta una cultura dell’interpretazione vocale che parte da Ella Fitzgerald, passa attraverso Billie Holiday, Mahalia Jackson, Dinah Washington, Bessie Smith, per arrivare fino a Nina Simone, spaziando in maniera sempre magistrale dal soul al gospel, dal blues al pop, per arrivare al rock, al jazz e alla canzone. Oggi possiamo dire che un pezzo della cultura del Novecento passa inevitabilmente attraverso la sua voce e il suo inimitabile canto. Scrive ancora Assante: “È possibile immaginare una vita senza Natural Woman, o I Say a Little Prayer, o pensare alla liberazione delle donne senza Respect, o sognare l'amore senza I Never Loved a Man (The Way I Love You)? No, Aretha Franklin è stata la voce femminile del Novecento, al pari di Frank Sinatra, è stata la più grande interprete che abbia mai calcato un palcoscenico e le sue canzoni hanno segnato stagioni, epoche, hanno segnato in maniera indelebile la Storia, senza se e senza ma”.