Il disco con la celebre copertina nera dedicato alla memoria di Bon Scott è uno dei lavori più importanti degli Ac Dc e dell’intera storia del rock. Cade proprio in questi giorni il quarantennale della pubblicazione di questo album monumentale e ne approfittiamo per ripercorrerne la storia e per regalarvi qualche gustosa curiosità sulla band che ha fondato “la repubblica autonoma dell’hard rock”.
Lo scorso 25 luglio ricorrevano i quarant’anni dalla pubblicazione di Back in Black capolavoro monumentale degli Ac Dc, la band australiana che ha impresso un segno indelebile nella storia del rock. Il 19 febbraio del 1980 il corpo senza vita di Bon Scott, storico frontman della band, fu trovato sul sedile del passeggero di una Renault 5 parcheggiata davanti al 67 di Overhill Road in East Dulwich, proprio là dove 15 ore prima lo aveva lasciato a dormire il suo amico Alistair Kinnear dopo una serata di eccessi alcolici trascorsa insime in un locale di Camdem. Inutile la disperata corsa al King's College Hospital.
La notizia colpisce profondamente i fan, il mondo della musica e soprattutto Angus Young, chitarrista e mente degli Ac Dc, che è pronto a considerare finita l'avventura della band. Ma la storia, come sappiamo, prenderà fortunatamente tutt’altra direzione.
Dopo la celebrazione del funerale e la cremazione di Scott, il grupppo decide di rendere omaggio all’amico scomparso nell’unico modo possibile: attraverso un album che non solo è dedicato al sua memoria, ma che è interamente imperniato sul senso di perdita e lutto, quasi un concept sull’edonismo e sulla morte. Una elaborazione in musica di quei sentimenti di smarrimento, rabbia e dolore in cui i fan e il gruppo sembravano affogare.
Celebrate Back in Black's 40th Anniversary all month long!
— AC/DC (@acdc) July 13, 2020
Dopo qualche mese di provini gli Ac Dc trovano anche un nuovo frontman nella voce ruvida, differente rispetto a quella di Bon, di Brian Johnson.
Per le sette settimane di registrazione del nuovo album la band vola alle Bahamas dove incontra ogni sorta di difficoltà, da quelle tecniche dovute ad uno studio non all’altezza con attrezzature che arrivano in ritardo, a quelle climatiche con tempeste tropicali che flagellano l’arcipelago.
Difficoltà che non impediranno a Angus Young di mettere insieme, a soli venticinque anni, una straordinaria e indimenticabile serie di riff essenziali, potenti, incisivi con una straordinaria carica allo stesso tempo primitiva e solenne. A questi si aggiunge in un alchemico amalgama una sezione ritmica che fila magnificamente solida e dritta e la voce aspra e graffiata di Johnson, perfettamente in tono con il mood dell’intero album.
Dieci pezzi che diventano classici istantanei pubblicati il 25 luglio di quarant’anni fa e capaci di influenzare in maniera indelebile la storia della musica rock degli anni a venire. Come scrive Carmine Saviano su Repubblica: “nel mare del rock attraversato dalle new wave inglesi e americane di fine anni settanta Back in Black degli Ac Dc segna per i decenni a venire quello che sarà il campo da gioco del rock pesante.
Una musica che si vuole monumentale, adatta agli stadi, la colonna sonora di un rito collettivo reiterato e irripetibile allo stesso tempo. Musica che magari non ha più le stesse capacità di interpretare i tempi che cambiano ma che diventa un'isola in cui rifugiarsi: con Back in Black gli Ac Dc fondano la repubblica autonoma dell'hard rock.”
Il disco si apre con i tredici rintocchi funebri di campana che fungono da intro dell’iconica Hells Bells, accompagnata nel suo incedere lento e ipnotico dal potente riff di chitarra di Young e dalla voce incisiva e penetrante di Johnson. E poi una serie strabiliante di brani dalla forza espressiva irripetibile come Shoot To Thrill, What You Do For Money Honey, Given The Dog A Bone, Let Me Put My Love Into You.
La title-track giunge sul secondo lato e rappresenta una canzone semplicemente perfetta, capace di incarnare da sola la quintessenza dell’hard rock. Tre semplici accordi blues ripetuti compongono un riff che, nella sua linearità strutturale, è capace di esprimere una potenza comunicativa senza pari, mentre il testo, che racconta di un uomo che è ritornato a vivere dopo aver sfiorato il suicido, omaggia in maniera commovente la figura dell’amico scomparso.
Dopo questo granitico capolavoro, l’album inanella ancora la monumentale You Shook Me All Night Long. Poi Have A Drink On Me e Shake A Leg che conducono verso il sensuale inno all’immortalità del rock di Rock And Roll Ain't Noise Pollution.
The Story of Back in Black - The band talks about the bell and the riff heard 'round the world ⚡️ #BACKINBLACK40 pic.twitter.com/Tmocx8bnN7
— AC/DC (@acdc) July 20, 2020
Per quanto al suo apparire abbia diviso la critica tra chi lo ha osannato come un lavoro “geniale” e chi lo ha liquidato come “grezzo e innocuo”, Back in Black rappresenta il maggior successo degli Ac Dc e uno dei più grandi della musica rock. I numeri a riguardo sono eloquenti: con 50 milioni di copie vendute l’album è rimasto in classifica per quasi 400 settimane, attestandosi come il secondo album più venduto di sempre dopo Thriller di Michael Jackson. Grazie alle 22 milioni di copie vendute solo negli Stati Uniti, divenne 22 volte disco di platino.
Al di là dei numeri, è opportuno segnalare l’influenza decisiva che questo lavoro degli Ac Dc ha avuto sullo sviluppo musicale delle generazioni successive. Si può ben dire che intere schiere di giovani chitarristi, da lì in poi, hanno iniziato a suonare studiando le note di Back in Black.
Come osserva sempre Carmine Saviano: “il thrash metal che vedrà la luce di lì a poco e l'hair rock di fine anni ottanta, se non impensabili di sicuro diversi senza l'uscita del capolavoro degli Ac Dc. Che si pone come ponte tra due generazioni di fan e musicisti e che restituisce al rock soprattutto un'ambizione: quella di tornare a essere momento sociale”.
Chiudiamo questo racconto dei quant’anni del capolavoro degli Ac Dc con qualche gustosa curiosità sulla band.
Se, parlando per metafora, Angus Young è un gigante indiscusso della chitarra, nella realtà è alto solo 1,57 metri. Tuttavia, è stato eletto dalla rivista «Maxim» il "personaggio di bassa statura più importante di tutti i tempi".
Le sigle che compongono il nome del gruppo Ac Dc sono un acronimo delle parole Alternate Current/Direct Current, ovvero corrente alternata/corrente continua. A suggerirlo fu la sorella degli Young, che lesse la scritta su un elettrodomestico e pensò potesse adattarsi al gruppo.
Brian Johnson è di origini inglesi e italiane: il padre Alan era un sergente maggiore dell'esercito britannico mentre sua madre, Ester De Luca, è originaria di Rocca di Papa, in provincia di Roma. Ha affermato di aver ereditato il timbro vocale dal padre.
Oltre alla madre di Johnson, c’è un’altra presenza italiana nella storia del gruppo: il batterista del loro primo album fu, infatti, l’italiano Tony Currenti, più volte mal riportato come “Kerrante”.
La prima scelta del gruppo per sostituire Bon Scott fu Marc Storace, frontman dei Krokus, quella che può essere considerata una sorta di cover band svizzera degli Ac Dc. Sorprendentemente Storace rifiutò di raccogliere l’eredità di Bon per proseguire il lavoro con il proprio gruppo.
I rintocchi di campana che aprono Hells Bells furono registrati presso un campanile detto Carillion, che fa parte di un monumento ai caduti della Seconda guerra mondiale presso Loughborough, nel Leicestershire. Per il tour mondiale successivo, gli Ac Dc fecero invece forgiare appositamente una campana con il logo del gruppo, che verrà colpita da Brian Johnson con un grosso martello all'inizio del brano.
A causa di seri problemi di udito che gli impedivano sentire le chitarre e le tastiere, Brian Johnson è stato costretto ad abbandonare gli Ac Dc nel 2016 durante il tour mondiale a supporto dell'album Rock or bust. Dopo il suo addio, la band dal vivo lo ha rimpiazzato con il frontman dei Guns N’ Roses Axl Rose.