A partire dalla definizione di scala diatonica, forniamo un approfondimento di tutte quelle nozioni basilari ad essa connesse come quello di scala maggiore e scala minore con illustrazione delle relative strutture, grado, modo.
Per scala diatonica si intende una scala musicale di sette note (eptafonica) comprese nell’ambito di un’ottava suddividente tale intervallo in una alternanza di cinque toni e due semitoni variamente disposti ma sempre in modo tale che i due semitoni non siano mai consecutivi.
La successione degli intervalli nella scala diatonica non è univoca e può essere organizzata in sette diverse combinazioni che prendono il nome di modi. Ogni modo può essere costruito utilizzando come tonica una qualsiasi delle note intermedie di un altro modo.
La successione caratteristica della scala diatonica viene usualmente rappresentata al modo maggiore e si presenta come una sequenza ascendente di sette note ordinate come segue: Tono – Tono – semitono – Tono – Tono – Tono – semitono.
La costruzione di una scala maggiore consiste, dunque, nell’applicare questa successione di intervalli alla nota scelta come tonica (cioè come primo grado della scala).
Ad ogni scala maggiore è possibile far corrispondere una relativa minore, detta anche scala minore naturale, che presenta la seguente successione di intervalli: Tono – semitono – Tono – Tono – semitono – Tono – Tono.
Come si può osservare, la scala al modo minore, appena riportata, è costruita a partire dal sesto grado di quella maggiore trascritta più sopra.
Le due scale, minore e maggiore, costituiscono i due esempi di scala diatonica più conosciuti nell’ambito della musica occidentale al punto che su di esse si sono stabilite le denominazioni delle note: la sequenza Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do corrisponde alla scala maggiore di Do, così come la sequenza La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, corrisponde alla relativa scala minore di La. Le altre note che compongono la scala cromatica, che invece comprende dodici suoni, non hanno un nome specifico ma prendono il nome delle nota vicina accompagnato dall’aggettivo bemolle per indicare una nota più bassa di un semitono rispetto a quella da cui prende il nome o diesis per designare una nota più alta di un semitono rispetto a quella da cui prende il nome.
L’aggettivo dell’espressione scala diatonica, deriva da uno dei tre generi, insieme al cromatico e all’enarmonico, su cui si basava l’antico sistema musicale greco (IV secolo a. C.). Il genere diatonico era fondato su un tetracordo (successione discendente di quattro suoni compresi in un intervallo di quarta) nel quale i due suoni interni suddividevano l’ambito di quarta in due toni e in un semitono comunque disposti.
La scala diatonica può essere considerata, a buon diritto, uno dei pilastri della storia della musica occidentale e da essa è stata a lungo sviluppata. Le diverse posizioni lungo la scala prendono il nome di gradi e, constando di sette note come abbiamo visto, vanno dal primo al settimo. Tali gradi vengono identificati attraverso i numeri romani e una denominazione specifica:
il primo grado di ogni scala prende il nome di tonica;
il secondo grado sopratonica;
il terzo grado può assumere tre nomi: mediante, modale o caratteristica, poiché stabilisce se il modo è maggiore o minore;
il quarto grado sottodominante;
il quinto grado è definito dominante;
il sesto grado è chiamato sopradominante;
il settimo grado, infine, è detto sensibile .
La scala diatonica di modo maggiore prende anche il nome di modo ionico. Utilizzando come base quest’ultima, a partire dai suoi diversi gradi intermedi, possiamo avere cinque altri modi che sono:
Dorico costruito a partire dal secondo grado;
Frigio costruito a partire dal terzo grado;
Lidio costruito a partire dal quarto grado;
Misolidio costruito a partire dal quinto grado;
Locrio costruito a partire dal settimo grado.
A partire dalla scala diatonica minore, detta anche modo eolio, si possono avere due variazioni che si ottengono attraverso l’introduzione delle alterazioni.La prima di questa variazioni è la scala minore armonica e si ottiene aumentando di un semitono, la settima nota della scala minore naturale. Si ha, così, la seguente successione di intervalli Tono – semitono – Tono – Tono – semitono – Tono e mezzo – semitono;
la seconda variazione è la scala minore melodica e si ottiene alterando il sesto e il settimo grado della scala minore naturale. Per la teoria classica dell’Armonia, la Scala Minore Melodica deve essere suonata con il sesto e il settimo grado maggiori in senso ascendente e minori quando si procede nel senso discendente.
Bach fu il primo infrangere questa regola, la cosiddetta scala bachiana è, per l’appunto, una scala minore melodica che include le alterazioni sul sesto e settimo grado sia in senso ascendente che discendente. Oggi questo tipo di scala è molto utilizzate nelle improvvisazioni jazzistiche. La scala minore melodica deriva dalla scala minore armonica e nasce per dare una risoluzione alla tensione che quest’ultima crea con la sua seconda eccedente (o aumentata), un intervallo dissonante che vien risolto alzando di un semitono il sesto grado, in modo da eliminare quell’intervallo molto largo di un tono e mezzo.
La sequenza intervallare in questo caso è:
Tono, semitono, Tono, Tono, Tono, Tono, semitono (in senso ascendente)
Tono, Tono, semitono, Tono, Tono, semitono, Tono (in senso discendente)
Nell’ambito compositivo occidentale vengono utilizzati quasi esclusivamente i modi maggiore e minore per le tonalità, con qualche eccezione solo per il modo Lidio, ma i casi sono veramente rari. Per quanto vari modi siano rintracciabili all’interno della struttura melodica di diversi brani, è soprattutto il jazz, per l’appunto detto modale, che si avvale di un uso caratteristico e sistematico dei più svariati modi.
C’è da sottolineare, infine, come la successione della scala diatonica è quella che costituisce sia la sequenza di righi e spazi del pentagramma che il susseguirsi di tasti bianchi sulle tastiere tradizionali di organi e pianoforti.