L’abbellimento in musica: sviluppo storico e tipologie principali

L’abbellimento è una costante della musica strumentale e vocale nel corso delle epoche e ha conosciuto una progressiva sistemazione e codifica all’interno della scrittura musicale. In questa lezione ne indichiamo lo sviluppo storico essenziale fino alle formule fondamentali oggi presenti nella pratica esecutiva.

 

abbellimento

Per abbellimento in musica si intende un suono, un gruppo di suoni o anche un particolare affetto sonoro introdotti nel disegno di una linea melodica a scopo espressivo o ornamentale. Praticato in ogni tempo nella musica vocale e strumentale di tutti i popoli e di tutte le culture, l’abbellimento si è venuto di volta in volta individuando attraverso innumerevoli varietà di formule e procedimenti esecutivi, talvolta sentiti con valore di elementi primari, talvolta avvertiti come elementi sovrastrutturali aventi fini intensivi o esornativi. Le formule e i procedimenti individuati come abbellimento conservano spesso tale ambiguità nella musica colta occidentale, antica e moderna, e specialmente nella musica dei popoli cosiddetti primitivi, in quella dei popoli non europei, in larga parte del folklore musicale d’ogni tempo e d’ogni latitudine

Nelle diverse epoche storiche vari tipi di abbellimento ebbero nomi particolari e furono notati con segni specifici: così, ad esempio nel gregoriano si ebbero i neumi detti strophici, il quilisma, il pressus, l’oriscus, il salicus, nonché liquescenti da cui derivò, nella notazione del XIII secolo la plica.

 

Il XV secolo

L’abbellimento si palesò chiaramente come elemento aggiuntivo quando venne assunto con funzione di variante di una melodia di base: ciò accadde particolarmente a partire dal XV secolo, allorché la consuetudine degli esecutori di variare per lo più estemporaneamente la parte vocale o strumentale loro assegnata (pratica detta diminuzione o gorgia, più tardi coloritura) diventò una vera e propria arte, codificata da parecchi trattatisti (Zacconi, Caccini, Ganassi, Ortiz, Diruta ecc.).

Le formule si moltiplicano assumendo nomi diversi a seconda delle terminologie adottate: trillo groppo, cascata, ribattuta di gola, monachina, zimbalo ecc. Si cercò anche, da parte dei compositori, di sottrarre gli abbellimenti alle improvvisazioni degli esecutori: gli abbellimenti vennero prescritti spesso sulla parte, dapprima con l’iniziale del nome dell’abbellimento, poi sempre più frequentemente attraverso una grande varietà di segni convenzionali, meno spesso con la trascrizione per esteso del loro effetto.

 

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Il clavicembalo e i principali contributi

Contribuì alla grande fioritura della pratica dell’abbellimento nei secoli XVII e XVII, oltre allo stile del belcanto, la stessa prassi esecutiva strumentale, particolarmente del clavicembalo, poiché attraverso il ricorso agli abbellimenti questo strumento era in grado di tenere le note della melodia di base in maniera decisamente superiore alle sue possibilità tecniche (il clavicembalo, infatti, per la sua struttura costruttiva non è in grado di prolungare i suoni). Nacquero nuove formule e nuovi suoni spesso designanti abbellimenti già noti altrimenti: il coulè o Schleifer, il Bebung o balancement, la chute, l’arpegement (arpeggiato), le varie forme di tremblement (trillo), il pincè (mordente), il doublè (gruppetto) ecc.

L’uso di tali abbellimenti venne sancito, per quanto riguarda gli strumenti a tastiera, da F. Couperin e dai clavicembalisti francesi, dai clavicembalisti e organisti italiani e tedeschi, dai virginalisti inglesi, da C. Ph. E. Bach e M. Clementi; per gli organisti ad arco, decisivo fu l’apporto di F. Geminiani e di W. A. Mozart, per il flauto J. J. Quantz. Nella musica colta dell’epoca moderna, fino ai nostri giorni, l’abbellimento quale particolare accessorio, tende a scomparire o a tradursi in elemento essenziale del pensiero compositivo, come appare, ad esempio, in Rossini e Chopin; anche il simbolo grafico viene di conseguenza sempre più spesso sostituito dalla scrittura per esteso, eventualmente con note, dell’effetto desiderato.

 

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Formule fondamentali

Oggi, nella pratica, rimangono acquisite alla nozione di abbellimento solo le seguenti formule fondamentali:

Acciaccatura: abbellimento consistente nella rapidissima esecuzione di una più note accessorie a ridosso della nota reale o dell’accordo seguenti. Collegata o questi di solito per grado congiunto, può abbracciate intervalli anche molto ampi. Si segna con notine di croma o semicroma tagliate obliquamente da un trattino

Appoggiatura: come suggerisce il nome, è il rilievo conferito al suono di una linea melodica attraverso altro suono estraneo che immediatamente lo preceda a un intervallo di seconda superiore o inferiore e occupi una parte del suo valore di durata. Viene rappresentata come una nota di piccole dimensioni unita alla nota reale con una legatura di frase.

Gruppetto: abbellimento sia vocale che strumentale, costituito dalla figurazione di quattro note comprendenti, oltre alla nota che reca l’abbellimento, quelle di grado ad essa immediatamente superiore o inferiore. Può assumere valore ritmici differenti a seconda dell’andamento generale del pezzo.

Mordente: abbellimento consistente nell’alternare rapidamente ad una nota principale una nota immediatamente vicina, superiore o inferiore, concludendo sulla nota principale. La nota estranea può comparire una, due (mordente doppio), tre (mordente triplo) e più volte epuò essere o no alterata, cioè non propria alla tonalità del momento. Può essere: superiore: la prima è la nota reale, sulla quale è posto il simbolo stesso del mordente; essa muove per grado congiunto alla nota successiva (secondo la disposizione diatonica) e poi nuovamente alla nota reale; inferiore: la prima è la nota reale, sulla quale è posto il simbolo stesso del mordente; essa muove per grado congiunto alla nota precedente (secondo la disposizione diatonica) e poi nuovamente alla nota reale.

Trillo: abbellimento consistente nella ripetizione alterna e rapida della nota scritta, sulla quale è posta il simbolo tr. di solito seguito da una linea a serpentina, detta nota vera o principale e della nota ausiliaria superiore, diatonicamente contigua: la durata del trillo è stabilita dal valore della nota principale, mentre la quantità di note impiegate dipende dal tempo, dal carattere del pezzo, infine dalla sensibilità stilistica dell’esecutore. Esistono diverse tipologie come il trillo libero, diretto quando inizia con la nota principale, rovesciato quando inizia con la nota ausiliaria, preparato ovvero un trillo diretto preceduto da un'acciaccatura di più note o con terminazione stabilitahe quando presenta l’acciaccatura con più note dopo il trillo con funzione di risoluzione.

Arpeggio: esecuzione successiva, più o meno veloce, delle singole note di un accordo musicale ordinatamente dal grave all’acuto o viceversa. Può segnalarsi per disteso, secondo l’effetto desiderato, oppure (lasciando all’esecutore un certo margine di discrezione) tracciando verticalmente a sinistra una linea serpeggiante o di rado curva a mo’ di legatura. Tale abbreviazione intende solitamente un’esecuzione dal basso verso l’alto.

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