In questa lezione affrontiamo gli accenti musicali, quella intensificazione conferita ad un suono o ad un insieme di suoni che è la base della struttura ritmica ed espressiva di un brano musicale.
I tempi che compongono una battuta (e che sono uguali per tutte le altre battute salvo cambiamenti di tempo in corso) hanno per convenzione naturale un certo tipo di accento e questo accento può essere forte, mezzoforte oppure debole.
In pratica ogni qualvolta si incontrerà in una battuta un tempo con l'accento forte si dovranno suonare le note di quel tempo "più forte" delle altre, con l'accento mezzoforte un pochino di meno del forte... e infine con l'accento debole ancora meno forte.
Più sopra si è usata l’espressione "si dovranno suonare" ma in realtà sarebbe più opportuno dire "si dovranno pensare" come più forti e più deboli di altre, perché si tratta, in realtà, di un'indicazione stilistica quella che si ricava dagli accenti, come un andamento ritmico che deve essere rispettato perché è la volontà del compositore, ma che non deve essere eseguito come per sottolineare "con forza" i differenti accenti. In altre parole, si deve farli intendere, per certi aspetti devono essere quasi sottintesi. nell'esecuzione!
Vediamo adesso con ordine la successione di accenti in relazione ai diversi tempi.
Se in una battuta ci sono 2 tempi (misura binaria, per es. 2/4) gli accenti saranno:
- forte per il primo
- debole per il secondo
Se invece sono 3 tempi (misura ternaria, per es.:3/4) gli accenti saranno:
- forte per il primo
- debole per il secondo
- debole per il terzo
Questo accade per esempio per i valzer che nel loro tipico andamento ritmico hanno questa successione di accenti (ripetuti in tutte le battute ovviamente).
Infine se si hanno 4 tempi (misura quaternaria, per esempio:4/4) gli accenti saranno:
- forte per il primo
- debole per il secondo
- mezzoforte per il terzo
- debole per il quarto
Spesso si suole (erroneamente) intendere una battuta a 4 tempi come un "doppio" di una battuta a 2 tempi dimenticando spesso la differenza (se pur minima) tra il forte del primo tempo e il mezzoforte del terzo.
La sequenza degli accenti, che generalmente all’interno di un brano si mantiene costante, definisce quello che in musica viene definito ritmo. In base al tipo di pulsazione contenuta negli accenti il ritmo può essere binario (ritmo semplice) o ternario (ritmo composto).
Si possono distinguere diversi tipi di accento che, oltre a definire il senso ritmico del brano (metrico e ritmico), hanno un carattere espressivo e comunicano il pensiero musicale dall’autore (dinamico e agogico e melodico):
Detto anche di misura è quell'accento che cade sul primo movimento di ogni misura non viene indicato graficamente e coincide con il battere. Scrive Antonio Pisacane: “Esso nella maggior parte delle volte non si avverte, o meglio nell’esecuzione non è dato un certo rilievo artistico-interpretativo. Invece in alcune composizioni come il valzer (misura ternaria semplice), la marcia (misura binaria o quaternaria semplice o composta), l‘accento metrico si deve far sentire perché esso fa parte dello stile del brano o composizione. L’accento metrico è soprattutto in musica quella parte che si riferisce anche alla struttura dei diversi elementi: inciso, periodo, frase, semifrase, rapporti di lunghezza tra le parti e accentazione” (cfr. wikipedia.com).
Si riferisce alla divisione del brano musicale in accenti forti o deboli organizzati nella cellula ritmica che è la battuta. L’accento ritmico è quello che cade sulle suddivisioni o tempi forti della battuta. Anche per questo accento non vengono riportate indicazioni grafiche e non deve farsi sentire.
Questo accento non ha un posto prestabilito fra i tempi o suddivisioni della misura; può essere appoggiato su una nota qualsiasi della misura con l’effetto di rinforzarne l’intensità. Questo tipo di accento è molto utilizzato nel caso ritmi sincopati, dove ha la funzione di rinforzare la suddivisione o il tempo debole. Il simbolo grafico che lo individua è il simbolo maggiore > e può essere collocato posto sopra o sotto la nota sulla quale cade l’accento. L’accento dinamico è anche quello che determina il modo d'attacco del suono da parte di una voce o di uno strumento (normale, appoggiato, staccato, sforzato, ecc.).
Come l’accento precedente può cadere su una nota qualsiasi della misura. Esso ha la funzione di sottolineare la maggiore importanza del discorso e dell'esecuzione di una frase musicale. Molto usato nel periodo romantico e negli adagi in genere. Il simbolo grafico che lo individua è un trattino – collocato sopra o sotto la nota e sta ad indicare un appoggio debole mantenuto lungo l’intera durata della nota. Può indicare, inoltre, modifiche all’interno dell’andamento ritmico, cioè del valore delle unità di tempo che possono aumentare o diminuire determinando rispettivamente una accelerazione o un rallentamento del ritmo medesimo che si accompagnano alle indicazioni presenti nello spartito come: rallentando, accelerando, affrettando stringendo, precipitando, a tempo. Altra indicazione espressiva che si può trovare è quella di rubato con la quale si prescrive una esecuzione svincolata dalla rigidità metronimica e aperta ad una leggera oscillazione dei valori agogici con la funzione di sottolineare la peculiarità strutturale di un passo o di in intero brano.
Questo accento rappresenta l’espressione artistica e musicale in genere. Può considerarsi una sorta di sintesi dei due accenti precedenti, perciò il suono deve essere rafforzato e tenuto. Viene indicato graficamente viene posto sotto la nota attraverso i seguenti segni: >, sf, sfz, sfp. Anche questo accento può essere posto su qualsiasi nota della composizione.