Insieme a ritmo e melodia, l’armonia è uno dei tre elementi costitutivi della musica. In questo articolo ne diamo una definizione, ne spieghiamo lo sviluppo storico e gli elementi di base.
Secondo la definizione corrente, per armonia musicale si deve intendere “quando due o più suoni emessi simultaneamente suonano "bene" insieme, anche se una melodia senza accompagnamento può implicare un'armonia sottostante. Questa definizione, tuttora insegnata nei corsi base di armonia nei conservatori, non è condivisa da tutti. A essere discussa è la stessa definizione di gradevolezza o consonanza di due suoni emessi contemporaneamente: mentre alcuni, privilegiando l'aspetto culturale, lo ritengono un fatto soprattutto soggettivo, condizionato da molti fattori (estrazione sociale, esperienze o personalità), altri la ritengono una proprietà che consegue in gran parte dalla fisica del suono (acustica) e dalla fisiologia dell'apparato uditivo umano” (cfr. Wikipedia).
Nella cultura occidentale il termine armonia ha assunto un significato assai ampio e articolato, diretta derivazione delle speculazione cosmogoniche e cosmologiche dei pitagorici, che dalla scienza armonica, pur fondata sulla suddivisione aritmetica dell’unica corda dello strumento detto monocordo ovvero a partire da un fenomeno di natura fisico acustico, ricavarono un sistema metafisico di interpretazione razionale dell’universo.
L'influenza di questa interprretazione si estende fino a tutto il Medioevo per arrivare alla fine del Quattrocento, quando il termine armonia comincia a liberarsi dalle implicazioni metafisiche per entrare nell’ambito della pratica musicale, designando i criteri che regolano gli incontri simultanei tra suoni all’interno di un discorso musicale strutturato.
Dal Settecento, da Rameau in poi, si afferma l’accezione compiutamente moderna di armonia musicale che designa quell’insieme di regole che definiscono la struttura degli accordi in base alla tonalità, disciplinandone la successione nel tempo.
A dare una base oggettiva e razionale per sviluppare il concetto di armonia musicale, interviene in epoca classico-romantica la scoperta dei suoni armonici, di quei suoni, in altre parole, che accompagnano l’emissione di una qualsiasi nota.
Si sviluppa così la normativa trattatistica che riguarda l’accordo di triade, ossia la sovrapposizione di tre note che solitamente vengono suonate contemporaneamente, praticato da almeno tre secoli e che aveva già ricevuto una prima sistemazione teorico matematica ad opera di Zarlino.
Prendendo come esempio la scala di Do maggiore è possibile costruire per ogni grado o nota un accordo di triade e si ottiene:
La triade si dice maggiore o minore a seconda che la nota centrale sia distante una terza maggiore o minore dalla fondamentale, si dice diminuita quando formata da una terza minore e una quinta diminuita rispetto alla fondamentale. Altra successione si stabilisce a partire dalla scala minore. Tra questi accordi l’armonia musicale tonale stabilisce una precisa gerarchia che ne regola i rapporti.
Da un certo momento in poi l’armonia musicale ha cominciato a teorizzare le dissonanze anche queste già largamente in uso fin dall’affermazione della polifonia. La dissonanza, per quanto fornisca un facile inquadramento a livello dell’ascolto, appare molto più sfuggente ad una definizione fisica.
Portando la definizione ad una semplificazione estrema, si potrebbe dire che la dissonanza è una qualsiasi unione di suoni non riconducibile a una triade sia essa maggiore o minore. Per l’armonia musicale unici suoni consonanti sono considerati quelli delle triadi maggiori o minori e rispettivi rivolti, intendendo con questi ultimi, gli stessi accordi con un diverso ordine.
Esempi di suoni consonanti sono le seguenti triadi di do maggiore e minore:
Le regole che sovrintendono all’uso di altri aggregati sonori sono informate a due possibili interpretazioni della dissonanza: la dissonanza di passaggio senza accenti ritmici
e dissonanza su tempo forte cioè accentato
L’uso delle dissonanze, che in un primo tempo era regolato dalle leggi della preparazione e della risoluzione (la nota dissonante doveva trovarsi preparata in consonanza in un accordo precedente e muovere verso altra nota meno dissonante o consonante), è diventato sempre più libero e meno regolamentato. La dissonanza come elemento di introduzione di una tensione armonica può acquistare un significato solo all’interno di un precisa collocazione sintattica.
Tra i primi e fondamentali nessi sintattici dell’armonia musicale è la cadenza, che è la tendenza degli accordi a convergere verso la tonica centro della tonalità. Si può pensare alle cadenza come ad una sorta di segno di interpunzione dell’armonia musicale. La cadenza ha un ruolo fondamentale nel dare la sensazione che un fraseggio o un brano giungono effettivamente a conclusione.
Si tratta di un bisogno naturale che ha l’orecchio di ascoltare queste risoluzioni e sono dovute al fatto che ogni brano è costruito attorno ad un accordo di riferimento o accordo sulla tonica che nel lessico dell’armonia musicale è detto fondamentale.
Nella pratica della scrittura musicale significa, che se un brano è costruito su un determinato accordo, per quanto creativo e pieno di invenzioni musicali possa essere, ad certo punto si avverte la necessita di farlo ritornare all’accordo di riferimento. Da un punto di vista dell’ascolto l’orecchio avverte la necessita che il brano si concluda con la risoluzione sulla tonica.
Per avere la risoluzione sulla tonica, è necessario sentire la sensibile che va verso la tonica. Si chiama sensibile il settimo grado di una scala solo se dista dalla tonica un semitono. Le regole dell’armonia musicale vogliono che, per chiudere un fraseggio, sia necessario costruire un accordo che contenga la sensibile prima dell’accordo finale.
Questo accordo viene chiamato di 7ª dominante, ovvero l'accordo di 7ª costruito sul V grado. La formula cadenzale di base secondo l’armonia musicale, dunque, è data dalla successione degli accordi sul V e I grado della scala, cioè di dominante e tonica, la cosiddetta cadenza perfetta
dove l’attrazione semitonale si realizza, come detto, tra il settimo grado che è la sensibile e il primo che è la tonica.
Molte altre possono essere le cadenze attorno alle quali si distribuiscono, secondo svariati rapporti gerarchici, gli altri accordi atti a formare catene armoniche sempre più complesse e articolate, in modo particolare dopo che il sistema temperato ha reso disponibile per il compositore ben dodici suoni equivalenti all’interno dell’ottava, ognuno dei quali è il potenziale centro di un’autonoma tonalità.