È uscito da pochi giorni il nuovo disco dei Nomadi intitolato “Milleanni”. Ideato come un concept album, raccoglie undici canzoni di cui due inedite. Tutti i brani, sia quelli scritti negli anni settanta, sia quelli più recenti, sono legati da un filo rosso rappresentato dalla sguardo attento, partecipe e “militante” rispetto alla realtà che ci circonda, marchio di fabbrica dello storico gruppo guidato da Beppe Carletti. Da veri cronisti del nostro tempo, i Nomadi nella loro lunga carriera hanno saputo guardare con profondità alla realtà sociale del nostro paese e non solo, restituendoci un’immagine che appare ancora esatta e per nulla sorpassata dagli anni.
Ecco perché, lungi dal rivendicare con supponenza doti di chiaroveggenza, il gruppo ripropone oggi un percorso che testimonia la bontà di quello sguardo e l’avvitarsi della nostra società su problematiche e nodi che sembrano riproporsi oggi, come negli anni Sessanta, in tutta la loro cruda urgenza.
Un lavoro discografico che, come sottolinea Carletti, nell’intenzione si differenzia dal precedente greatest hits reinciso di “Nomadi 55”. Il significato della raccolta emerge chiaro scorrendo l’elenco dei titoli proposti, basti citare: “Bianchi e neri”, “Mamma giustizia” e “Rubano le fate”, canzoni attraverso le quali i Nomadi hanno incisivamente denunciato come il potere possa schiacciare i sogni.
Stessa attenzione all’attualità sostanzia, naturalmente, anche i due inediti: “L’orizzonte di Damasco” dedicata al dramma siriano che, per quanto del tutto obliterato dall’attenzione mediatica, continua giornalmente a scrivere nuove pagine di orrore; e “Milleanni” canzone che dà il titolo alla raccolta, che nasce da una frase della figlia di Beppe Carletti Elena: “...Mio padre ha mille anni. Mille anni dentro, mille davanti. Perché è un Nomade Dentro’”, innestata su testi scritti da Massimo Vecchi e Lisa Pietrelli.
Imperdibile perla del disco è la canzone “Ma Noi No”, pubblicata in un’inedita versione cantata da Augusto Daolio: un provino registrato nel 1989 con una parte del testo diversa da quello pubblicato nel 1992.
A testimoniare uno storico passaggio di testimone, la decisione di Beppe Carletti di affiancare la voce storica dell’icona della band scomparsa nel 1992 con quella presente del gruppo, Yuri Cilloni.
Come racconta il leader del gruppo: “E’ un provino che non ho toccato, registrato su due piste con un ‘buona la prima’ per vedere se funzionava la canzone. Poi venne incisa nel ’92, l'ultimo anno di vita di Augusto, e fu pubblicata ’93. Questa incisione ha un sapore particolare e un ritornello diverso da quello già inciso. E’ un regalo alla gente che ama Augusto e i Nomadi. Ed è un passaggio del testimone: alla fine ho intervallato le voci tra Augusto a Yuri. Alcuni fan potranno criticarla. Me lo aspetto, però non mi interessa perché, era una cosa secondo me giusta”.
La voce di Daolio compare brevemente anche nello strumentale finale, “Il paese”. “E’ un modo di chiudere il disco: l’ho suonata da solo con la fisa e con la voce di Augusto che dice ‘Questo è il paese dove sono nato’. Arriva da un live, e ci sta perché questo disco descrive il nostro paese”, conclude Carletti.