Salute mentale e musica: un tema urgente nel panorama musicale

Un interessante articolo di Marta Blumi Tripodi pubblicato sulla rivesta multimediale Lucy sulla cultura esplora il complesso rapporto tra salute mentale e industria musicale, mettendo in luce le sfide e le fragilità che molti artisti affrontano.

Salute mentale e musica

In un interessante articolo apparso su Lucy sulla Cultura, rivista multimediale che si occupa di cultura, arti e attualità, Marta Blumi Tripodi esplora il tema della salute mentale nella musica italiana, con particolare attenzione ai rapper Ghemon e Marracash. Contrariamente alle aspettative comuni, secondo cui sarebbero i cantautori più intimisti a trattare queste tematiche, sono stati proprio due rapper ad aprire il dibattito sulla salute mentale in modo strutturato e profondo.

Ghemon e Marracash: pionieri del rap consapevole

Il primo a farlo è stato Ghemon, con il suo album del 2017 Mezzanotte, in cui ha raccontato la sua depressione e rinascita. L’album è descritto come «meraviglioso (e purtroppo poco conosciuto)» da Tripodi, che lo riconosce come un punto di svolta nel modo di parlare della salute mentale nella musica italiana.

Due anni dopo, Marracash ha proseguito su questa strada con l’album Persona, «un classico ormai», in cui il rapper si mette a nudo e racconta i suoi tormenti interiori, dando voce a un periodo oscuro della sua vita. Questo lavoro rappresenta un’apertura coraggiosa in un genere, come il rap, solitamente associato a immagini di forza e invulnerabilità.

Nel 2022, Marracash ha pubblicato Noi, loro, gli altri, dove ha ampliato il suo racconto, passando dal personale al collettivo. In questo album, il rapper riflette sulle fragilità della società contemporanea, con brani come Dubbi, che tratta del malessere mentale in modo emblematico. In un dialogo immaginario con la sua psicologa, Marracash esprime la sua paura di non vivere pienamente, nonostante il successo: «Non temo la morte, ma ho paura di non vivere». Questo scambio pone una domanda cruciale: il successo, la fama e il riconoscimento pubblico sono sufficienti a garantire il benessere mentale?

Una crisi sistemica nell’industria musicale

L’articolo prosegue mettendo in evidenza i dati preoccupanti relativi alla salute mentale dei musicisti. Secondo un’indagine del 2023 condotta dalla Musician Union, un terzo degli intervistati ha dichiarato di aver affrontato problemi di salute mentale come depressione, attacchi di panico o burnout. La situazione è ancora più critica tra gli artisti appartenenti alla comunità LGBTQIA+ (43%), i musicisti disabili (49%) e quelli che hanno attraversato o stanno affrontando una transizione di genere (63%).

Questo fenomeno non è nuovo: già nel 2019 un’indagine svedese rivelava che il 73% degli artisti intervistati aveva avuto problemi di salute mentale, con una percentuale dell’80% tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Il malessere psicologico sembra dunque essere un elemento ricorrente e trasversale nel mondo musicale, aggravato ma non causato dalla pandemia.

La musica e il potere delle emozioni

Tripodi cita Nick Hornby nel suo celebre romanzo Alta fedeltà, dove il protagonista si chiede: «Sono triste perché ascolto musica, o ascolto musica perché sono triste?». Questa provocazione apre una riflessione più ampia sul legame tra musica ed emozioni. Recenti studi, come quello dell’Università di Oslo, dimostrano che l’ascolto di musica triste può indurre cambiamenti ormonali legati al piacere e alla ricompensa, soprattutto tra gli ascoltatori più empatici.

Se per chi ascolta la musica l’effetto emotivo è così forte, lo è ancor di più per chi la crea. Empatia e malinconia sono spesso tratti caratteristici degli artisti, il che solleva una domanda cruciale: sono tristi perché fanno musica, o fanno musica perché sono tristi? La storia della musica del Novecento sembra confermare che i problemi di salute mentale siano particolarmente ricorrenti tra gli artisti, ma spesso venivano trattati in modo scandalistico dai media, riducendoli a semplici "bizze da star".

Una vita sregolata e incline alle dipendenze

Il contesto professionale dei musicisti non facilita il benessere mentale. La vita sregolata, i ritmi circadiani alterati e l’incertezza economica sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono al disagio psicologico. Lavorare di notte, come accade per molti musicisti della scena dance ed elettronica, espone a una costante privazione del sonno.

Tripodi cita l’intervista a Patty Pravo, che ha raccontato apertamente il suo uso di anfetamine per affrontare i ritmi intensi del lavoro: «Chi è che fa questo mestiere senza anfetamine?», evidenziando come le dipendenze siano una risposta comune alle pressioni dell'industria musicale. L'uso di sostanze rappresenta un meccanismo di difesa frequente per chi si trova a fronteggiare il burnout o lo stress fisico.

Sostegno e consapevolezza: i piccoli passi verso il cambiamento

Negli ultimi anni, negli Stati Uniti e in Europa, sono emerse organizzazioni come Backline e MusiCares, che si occupano di fornire supporto psicologico agli artisti in difficoltà. Negli Stati Uniti, gruppi di Alcolisti Anonimi e Narcotici Anonimi vengono organizzati anche durante i tour per dare un sostegno continuo ai musicisti in fase di recupero. In Italia, l’associazione Restart sta facendo un lavoro importante per promuovere la consapevolezza su questi temi e fornire assistenza a chi ne ha bisogno.

Tuttavia, come sottolinea Marracash nel brano Dubbi, «forse la salute mentale è roba da ricchi». La maggior parte degli artisti non può permettersi il lusso di fermarsi o accedere a cure costose e spesso si trovano a dover gestire il proprio malessere da soli, senza supporto adeguato.

L'industria musicale tra malattia e successo: un paradosso pericoloso

L’articolo si conclude con un esempio emblematico della giovane popstar americana Chappell Roan, che, nonostante l'enorme successo ottenuto nel 2024, ha recentemente rivelato di soffrire di grave depressione. «L’industria musicale e la scena artistica prosperano sulla malattia mentale, sul burnout, sul troppo lavoro e sul non dormire», ha dichiarato Roan, mettendo in luce un paradosso preoccupante: il successo, invece di alleviare il disagio mentale, spesso lo alimenta.

Roan ha confessato di portare avanti le sue sedute di psicoterapia "on the road" per non interrompere il tour, ma alla fine si è vista costretta a sospendere alcune date per dare priorità alla sua salute mentale. La sua esperienza riflette una realtà che molti artisti vivono, anche se raramente viene discussa apertamente e in modo costruttivo.

In definitiva, Marta Blumi Tripodi evidenzia come la salute mentale sia un tema cruciale nel mondo della musica. Sebbene vi siano segnali di un crescente cambiamento, molto resta ancora da fare per garantire un supporto adeguato a tutti gli artisti, a prescindere dal loro livello di successo o notorietà.

lezioni
lezioni