Quella volta che Bernestein diresse usando solo il suo viso

In un video viene immortalata una originale conduzione di orchestra di Leonard Bernestein che infrange lo stereotipo del direttore producentesi in complicate e misteriose movenze. Tenendo le braccia immobili, il grande musicista statunitense dirige alla perfezione il delizioso finale della della Sinfonia n. 88 di Haydn utilizzando solo le proprie espressioni facciali.

 

Leonard Bernstein

L’immagine stereotipata del direttore d’orchestra lo vuole come rapito in una serie di energiche e misteriose movenze capaci di riportare all’unità la molteplicità e il carattere multiforme di strumenti e musicisti. Forzando un po’ con un’immagine lo si potrebbe paragonare ad un vigile senza il quale si potrebbero creare degli ingorghi nel traffico. Il gesto più importante è quello di levare, che corrisponde al momento di inizio del suono. E’ come un respiro che prepara i musicisti all’esecuzione del brano. Poi ci sono altri gesti che indicano il tempo della melodia. L’ultimo movimento è sempre verso l’alto. Spesso accompagnato dalla bacchetta prolungamento che rende più visibile per gli orchestrale il movimento del braccio. In alcuni casi essa può facilitare i musicisti nel capire il punto di attacco, che è la punta della bacchetta. Non pochi però ne fanno a meno preferendo la maggiore fluidità del gesto della mano.

Come ha scritto Lazare Saminski: “L'arte del direttore d'orchestra è, con l'arte del canto, la meno conosciuta, la meno compresa delle forme di attività artistica. In questo campo regna ancora l'empirismo, nessuna teoria; nessun sistema. Tutto si riduce a qualche vaga ricetta pratica”.

Del resto, ogni direttore sembra avere una peculiare gestualità e stile di direzione e in moti casi i grandi hanno infranto quelle regole stabilite dalla prassi. Herbert von Karajan dirigeva spessissimo a occhi chiusi (e addio contatto tra sguardi). I bizzarri movimenti sul podio del corpo di Wilhelm Furtwängler, un altro dei sommi, idolo di Claudio Abbado e primo maestro di Daniel Barenboim, vennero paragonati da un celebre violinista agli “spasmi di un burattino”. Carlo Maria Giulini aveva l'abitudine di sillabare la melodia con le labbra, cosa sconsigliata da qualunque insegnante in Conservatorio.

In tema di stravolgimento degli stereotipi in tema di direzione d’orchestra si deve però indicare una formidabile performance di uno dei più grandi direttori di sempre: Leonard Bernestein.

Tra i numerosi straordinari video presenti su Youtube con protagonista il leggendario maestro americano, è possibile rintracciare una particolare gemma che lo mostra il in concerto al Musikverein di Vienna, dirigere alla perfezione non solo senza bisogno di una bacchetta, ma nemmeno facendo ricorso alle sue mani.

È proprio il caso di ire che si tratta di una esibizione di talento musicale da far alzare le sopracciglia per la meraviglia, Bernstein usa solo il suo sorriso e diverse espressioni facciali per dare all'orchestra tutte le informazioni di cui hanno bisogno su tempo e dinamica.

 

 

Come disse Bernestein, "La tecnica è comunicazione: le due parole sono sinonimi nei direttori d’orchestra". E ancora: “L'arte di dirigere consiste nel sapere quando smettere di dirigere per far suonare l'orchestra”.

Ascoltando questa esecuzione il meraviglioso dialogo per archi del finale della Sinfonia n. 88 di Haydn acquista un sapore completamente nuovo.

La Filarmonica di Vienna ha goduto di una stretta collaborazione con Bernstein, che è stato uno dei maestri più importanti nella storia dell'orchestra.

Tra il suo debutto nel 1966 e la sua morte nel 1990, Bernestein ha tenuto concerti ogni anno al Konzerthaus o Musikverein della grande capitale della musica classica e ha fatto tournée con questa orchestra in tutta Europa e Nord America.

Fu un rapporto musicale indissolubile, sopravvissuto persino a un terremoto, che scosse Vienna nel 1972 durante un'esibizione della Quinta sinfonia di Mahler. Apparentemente Bernstein era così perso nella musica che non smise di dirigere, anche se il pubblico cercava precipitosamente di guadagnare le uscite.

Nel 1982, la Filarmonica ha premiato il maestro con il suo Ehrenring, un anello d'onore che simboleggia questo lungo e fruttuoso sodalizio artistico, non privo di ironica giocosità ma sempre sorretto da un profondo rispetto e soprattutto fondato su una devozione condivisa per la grande musica.

 

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