Continuiamo a celebrare i duecentocinquanta anni dalla nascita di Beethoven e in questo articolo, a partire dall’analisi di dieci brani imprescindibili, ricostruiamo il profondo lascito dell’opera di questo genio assoluto capace con le sue note di rivoluzionare la storia della musica e della cultura tutta.
250 anni fa nasceva Ludwig van Beethoven e il mondo non fu più lo stesso. Ripercorriamo la rivoluzione beethoveniana attraverso 10 capolavori che hanno riscritto la storia delle singole forme, della musica in generale e del nostro modo di intenderla.
Nel 1795 il giovane Beethoven si era trasferito dalla sua città natale di Bonn a Vienna, cuore pulsante della cultura musicale europea. Aveva trascorso i suoi primi anni viennesi studiando musica con Joseph Haydn e suonando per la nobiltà in salotti privati. Ma è stato attraverso il Concerto per pianoforte n. 2 che il mondo ha intravisto il suo genio di virtuoso e compositore.
Il giovane Ludwig, dall'aspetto un po’ strano e goffo, fece il suo debutto in pubblico all'età di 24 anni al Burgtheater di Vienna, proprio interpretando questo pezzo. Il concerto riscosse un enorme successo e da quel momento si può dire che nacque l’astro luminoso del compositore tedesco. Il giovane virtuoso cominciò a far parlare tutti di sé, strinse i primi importanti contatti con personaggi influenti, acquisendo il profilo giusto per iniziare a pubblicare i suoi lavori.
In tutte le sue sonate per pianoforte, Beethoven ha spostato i limiti del fortepiano spingendolo verso una rapida evoluzione. Ha anche preso molte convenzioni classiche (come la struttura del movimento veloce-lento-veloce) facendole esplodere dall’interno.
Questa Sonata per pianoforte n. 14 si apre con un primo movimento lento, espansivo e sognante, che ora è conosciuto in tutto il mondo. Il compositore ha indicato al pianista di usare il pedale del forte in un modo diverso, creando nuovi suoni durante il movimento. Da John Lennon a recenti studi sul sonno che hanno indicato nella sonata la musica più popolare per conciliare l’abbraccio di Morfeo, la portata e l'influenza del primo movimento di questa sonata è senza pari.
La sonata si conclude in uno stato d'animo molto diverso rispetto al suo movimento di esordio, il suo Finale è un turbinio che toglie il fiato di arpeggi e accordi. Si dice che abbia ispirato Frédéric Chopin, il romantico polacco che portò il virtuosismo del pianoforte agli estremi decenni dopo.
La maggior parte delle sinfonie fino al 1803 aveva una durata media di circa 25 minuti e una struttura a tre movimenti canonici. Beethoven concepisce invece una imponente sinfonia che amplia a dismisura le dimensioni e la concezione di questa forma musicale: quattro movimenti, scherzo e trio al posto del minuetto classico, orchestra alla massima espansione di organico disponibile (vengono per la prima volta nella storia utilizzati ben tre corni!), la bellezza di un’ora di durata. Mai si erano viste sinfonie così lunghe e di così grandiosa concezione.
La sinfonia inizia con la squisita melodia disegnata dai violoncelli per poi cadere su un Do diesis dolorosamente cromatico. Quell’unica nota apre le porte di un nuovo mondo espressivo. Per tutto il componimento (come la famosa voce sovversiva del corno nella sezione di sviluppo del primo movimento), Beethoven inserisce questi momenti che allungano ed espandono ciò che potrebbe essere una sinfonia. Per la sua struttura travolgente e i momenti che parlano al cuore, l'Eroica può essere considerata la prima sinfonia romantica.
Quattro note scure e incisive danno inizio a questa sinfonia. Sono probabilmente le quattro note più famose di tutta la storia della musica, al punto da essere profondamente radicate nella nostra cultura e coscienza.
Scritta tra il 1804 e il 1808, all'epoca in cui Beethoven stava facendo i conti con la sua sordità, la Sinfonia n. 5 ci conduce, da quel momento in cui il "destino che bussa alla porta", in un percorso che conosce l’angoscia, la lotta, e poi, attraverso la determinazione, giunge al trionfo.
Ci si può soffermare a pensare quanto dell’archetipo del genio torturato che attraversa tutta la cultura trova un’origine proprio nelle espressioni di Beethoven in questo lavoro.
La sinfonia inizia nell'oscurità della tonalità di do minore, ma termina alla luce di do maggiore. Evoca il potere della musica di portarci in luoghi interiori profondi, catturare l'angoscia e trasmettere qualcosa di universale nella musica: la disperazione può ancora lasciare il posto alla speranza. E tutto questo parte da quella frase di quattro note conosciuta (probabilmente) da miliardi di persone in tutto il mondo oggi.
Dum, dum, dum, dum. Ancora dei colpi ripetuti, non sono quelli della Quinta, ma i colpi sui timpani di un altro sconvolgimento musicale.
Parliamo dell’unico concerto per violino di Beethoven, e tuttavia sufficiente al grande compositore, per stabilire un nuovo suono, stile e termine di paragone per i concerti solisti. Quest’opera non fu molto amata fintanto che il musicista fu in vita, ma la sua popolarità crebbe successivamente durante tutto il XIX secolo, fino ad ispirare Brahms e diventare un modello del concerto solista.
È interessante notare che la chitarra heavy metal ha radici nei concerti per violino romantici e, quindi, in ultima istanza, nel terreno fertile di questo lavoro. Possiamo ben dire che oggi non ci sarebbero i Megadeth senza questo Beethoven.
Oggi la musica a programma ci è particolarmente familiare, film, videogiochi, teatri, serie Netflix e sale da concerto sono costantemente accompagnati da musica scritta per dipingere una scena o uno stato d'animo.
Beethoven, come suo solito, ci fornisce un esempio fulgido di questo genere musicale nei cinque movimenti della sua Sinfonia n. 6, in cui ritrae scene pastorali che evocano la bellezza della campagna, lo scorrere di un ruscello, i canti melodiosi di usignoli, quaglie e un cuculo; una danza country, una tempesta e poi, finalmente, il sole. La musica a programma esisteva già prima di questa sinfonia, ma è la profondità dell'immaginario musicale che ha preso vita nella partitura del 1808, che rende questo lavoro unico e capace di cambiare per sempre il rapporto tra musica e rappresentazione. Non a caso, l’esempio più compiuto della musica a programma, rappresentato dalla Symphonie fantastique di Berlioz, ebbe come modello iniziale proprio questo componimento beethoveniano.
In questo elenco di opere somme e maestose, può apparire singolare che venga inserita anche una semplice Bagatelle per pianoforte solo in forma Rondo. In realtà anche in questo piccolo componimento il genio di Beethoven è in grado di infondere la sua vena innovativa, unica e potente.
Für Elise è una miniatura di un pianismo squisito e pieno di fascino. Il brano non è stato pubblicato fino a decenni dopo la morte del compositore, ma da allora è diventato universalmente popolare. È il pezzo che in tanti hanno sentito risuonare in un vecchio carillon o per molti il primo spartito "vero" che ha guidato la loro educazione pianistica.
Quegli accordi spezzati sono fluiti dalle dita di innumerevoli giovani pianisti, suonati durante lezioni, esami di musica e in mini recital per genitori e nonni di tutto il mondo. Si può solo immaginare quante menti musicali ha ispirato nel corso dei secoli e ai fremiti musicali che indotto.
La sonata Hammerklavier è considerata uno dei pezzi più difficili e complessi mai scritti per pianoforte. La stessa sequenza di accordi di apertura, preceduta da una nota fugace di basso, ha un salto di più ottave che è umanamente impossibile da suonare alla marcata velocità di Beethoven.
Questa densa partitura è ricca di contrappunti infuocati, doppi trilli diabolici e passaggi monumentalmente impegnativi, conclusi da una fuga assolutamente folle.
In questa sonata Beethoven ha preso la forma musicale della sonata classica ampliandola al massimo grado. Questo lavoro divenne l'apice della scrittura di Beethoven per compositori come Brahms che continuò ad esplorare le forme classiche, spingendole in nuove direzioni virtuosistiche ed espressive.
La sonata per pianoforte n. 29 ha spinto la forma classica fino alle sue estreme possibilità, senza infrangerla. L'ultima sinfonia di Beethoven ha disobbedito ad ogni convenzione, aprendo al futuro della musica.
La potenza e il peso del primo movimento già rivelano che ci si trova di fronte ad una sinfonia che non ha paragoni. Dopo 40 incredibili minuti della scrittura più ispirata di Beethoven, un movimento finale esplode con qualcosa di completamente nuovo per una sinfonia: la declamazione in musica di una poesia di Schiller.
Un accordo enorme e dissonante annuncia solisti e cori, in una gioiosa celebrazione della fratellanza universale. Fu una autentica rivoluzione musicale ripresa da artisti del calibro di Wagner e Mahler, che continuarono a coltivare ed esplorare questa potente unione di poesia e musica sinfonica.
La musica da camera è stata un filo conduttore che ha attraversato la vita di Beethoven, dai suoi primi lavori pubblicati a questi, i suoi ultimi. I suoi ultimi quartetti d'archi furono scritti quando il genio tedesco era ormai completamente sordo, isolato e prostrato fisicamente ed emotivamente. Sapeva che stava vivendo la fase finale della sua esistenza e scrisse questa musica che è pura emozione e forza espressiva.
Basti ascoltare l'angoscia e la disperazione del movimento Cavatina dell'op. 130. Su un lieve impulso delle tre corde inferiori, il primo violino sembra singhiozzare. Questa scrittura enigmatica, personale e interrogativa, ha aperto la strada a tutto nella musica, nella creazione e nell'espressione. Non avremmo la metà della musica che amiamo oggi, senza questo precursore geniale e straordinariamente profondo.