I grandi incompresi del Festival di Sanremo

È diventato luogo comune rincuorare chi si piazza in fondo alla classifica del Festival di Sanremo ricordando alcune dei grandi nomi che, incompresi dai meccanismi di giuria, hanno poi conosciuto un travolgente successo o consegnato indimenticabili pagine di storia della musica leggera italiana. In effetti, la storia della più famosa kermesse canora italica è costellata di epiche sviste e cantonate leggendarie. In questo articolo ne ricordiamo dieci delle più sorprendenti.

 

Non si può certamente negare che molte delle canzoni vincitrici del Festival di Sanremo siano entrate di diritto tra i classici della canzone italiana o che altre siano assurte al ruolo di tormentoni ricorrenti e proverbiali. A titolo esemplificativo, basti citare Nel blu dipinto di blu, con cui Domenico Modugno vinse il Festival di Sanremo nel 1958. Altrettanto nutrito è, tuttavia, l’elenco di canzoni che il Festival non ha compreso. Parliamo di veri e propri abbagli, che hanno relegato a fondo classifica o a galleggiarne a metà, quando, addirittura, non ammesso neanche in finale, canzoni che, fuori dal palco dell’Ariston, sono diventate delle hit irresistibili o dei brani entrati nella storia della nostra musica leggera. Proponiamo dieci emblematici flop sanremesi, che hanno conquistato imperitura fama postuma, a dispetto delle classifiche della kermesse.

 

Luigi Tenco “Ciao amore, ciao”

 

Iniziamo l'elenco dei grandi incompresi del palco di Sanremo con la citazione d'obbligo di questa canzone, cantata da Luigi Tenco insieme alla compagna Dalida, durante il Festival del 1967. Una canzone di struggente bellezza, che venne esclusa alla prima serata e a cui è legato il tragico epilogo della vita del grande cantautore, trovato suicida in una stanza d’albergo. Vicino al corpo, un biglietto con le motivazioni del suicidio: un atto di protesta verso il pubblico (che aveva mandato Io, tu e le rose di Orietta Berti in finale) e la commissione, che aveva ripescato La rivoluzione di Gianni Pettenati. L’inevitabile cortocircuito mediatico innescato dalla morte di Tenco, portò la canzone ad un tardivo successo di vendite. La canzone vincitrice di quell’edizione fu Non pensare a me, cantata da Iva Zanicchi e Claudio Villa.

 

Lucio Battisti “Un’avventura”

 

Altro artista che il palco del Festival non ha clamorosamente capito è Lucio Battisti, che fu in gara a Sanremo, per la prima e unica volta, nel 1969. Battisti cantò una canzone che, con ogni evidenza, mal si adattava al clima sanremese con la sua esplosione di rhythm'n'blues e di fiati e si classificò nono. Anche la stampa lo criticò, definendolo spettinato e grezzo nella voce. Vincitori di quell’anno furono Bobby Solo e Iva Zanicchi con Zingara.

 

Lucio Dalla “Piazza grande”

 

Prosegue l’elenco di illustri incompresi con un altro dei grandi nomi della nostra canzone d’autore: Lucio Dalla. Il cantante bolognese, dopo il terzo posto dell’anno precedente con 4/3/1943, partecipò a Sanremo nel ’72 con Piazza grande, quella poesia in musica che diventerà una delle sue canzoni simbolo, non riuscendo insoiegabilmente a scaldare il cuore della giuria, che lo relegò all’ottavo posto. Vincitore di quella edizione fu Nicola Di Bari con I giorni dell’arcobaleno.

 

Zucchero “Donne”

 

Quello che ad oggi è uno dei più internazionali dei nostri cantanti, nel 1985 si presentò con la sua personale visione dell’universo femminile, attirando critiche feroci e la freddezza del pubblico, che si tradussero in impietoso e, apparentemente tombale, penultimo posto. La vittoria di quell’edizione, segnata anche dall'exploit della meteora Luis Miguel, andò a Se m’innamoro dei Ricchi e Poveri.

 

Vasco Rossi “Vita spericolata”

 

A pensarlo oggi, è difficile reprimere un moto di meraviglia, ma una delle canzoni più note e celebrate di uno dei più noti e celebrati cantanti italiani, come Vita spericolata, nella sua esperienza festivaliera, si è dovuta accontentare del penultimo posto di una classifica, che vide primeggiare Tiziana Rivale con Sarà quel che sarà, il suo unico, vero successo. Entrata nell’immaginario collettivo la performance, da vero rocker, di Vasco che, in contrasto con gli organizzatori, nella serata finale svelò il playback, uscendo di scena quando ancora suonava il suo brano.

 

Mia Martini “Almeno tu nell’universo”

 

Qui si parla di una delle cantonate più clamorose del Festival di Sanremo. Era il 22 febbraio del 1989 quando un’artista segnata dalla sofferenza e da un vicenda assurda e crudele sale, quasi in punta di piedi, sul palco dell’Ariston durante la trentanovesima edizione del Festival e intona le prime strofe di una canzone che recita: Sai, la gente è strana/prima si odia e poi si ama/cambia idea improvvisamente. “È l’apoteosi, l’Italia ha assistito in diretta a un miracolo, i versi del ritornello sembra che li stia dedicando al pubblico, per non essere mai più tradita”, scrive Castaldo e, davvero, su quel palco, quel giorno di trenta anni fa, Mia Martini ha scritto una delle pagine più belle e memorabili della musica leggera italiana, regalandoci una canzone che è entrata nel pantheon dei grandi classici. Mia Martini raggiunse solo il nono posto. Impietoso il confronto con il podio, che vide al primo posto Anna Oxa e Fausto Leali con Ti lascerò, al secondo Toto Cutugno con Le mamme e al terzo posto Al Bano e Romina Power con Cara terra mia.

 

Fiorella Mannoia “Quello che le donne non dicono”

 

La scrittura di un Enrico Ruggeri in stato di grazia e la grande capacità interpretativa di Fiorella Mannoia non sono bastate a garantire, a questa splendida canzone, fortuna nella classifica di Sanremo. Quello che le donne non dicono si piazzò al nono posto e per quanto attiene la canzone vincente, bisogna osservare che, paradossalmente, il Ruggeri autore della Mannoia fu sconfitto dal Ruggeri interprete che, invece, vinse quell’edizione del 1987, cantando Si può dare di più al fianco di Gianni Morandi e Umberto Tozzi.

 

Patty Pravo “E dimmi che non vuoi morire”

 

Oltre alla grande interprete veneziana, la canzone, una ballata lieve e commovente entrata di diritto nel canone dei classici italiani, poteva vantare nella lista degli autori Roberto Ferri e Gaetano Curreri, per quanto riguarda la musica, e lo stesso Ferri insieme a Vasco Rossi, per il testo. A rendere ancora più assurdo l’ottavo posto raggiunto da Patty Pravo, basti dire che, ad aggiudicarsi il primo posto in quel Festival, furono i famigerati Jalisse con l’anodina Fiumi di parole.

 

Edoardo De Crescenzo “Ancora”

 

Il nome di Eduardo De Crescenzo è indissolubilmente legato alla canzone che nel 1981 il cantautore partenopeo presentò in gara al Festival di Sanremo, quella Ancora che, pur non vincendo il Festival (il primo posto, quell'anno, fu di Alice, con Per Elisa; seconda Loretta Goggi con Maledetta primavera, terzo Dario Baldan Bembo con Tu cosa fai stasera?), si aggiudicò il premio, assegnato da una "supergiuria" presieduta quell'anno dal regista Sergio Leone, per la migliore interpretazione e si rivelò uno dei più grandi successi di quell'annata. Si tratta non solo del brano che lanciò il cantante napoletano, ma anche di uno degli evergreen della musica leggera italiana, più volte eseguito da vari interpreti in diversi eventi musicali. È anche uno dei brani italiani che garantiscono i maggiori proventi per i diritti d'autore SIAE, terzo dopo Suona chitarra e Romagna mia.

 

Negramaro “Mentre tutto scorre”

 

Con questo brano il gruppo salentino partecipò al Festival di Sanremo 2005 condotto da Bonolis, venendo eliminati già alla terza serata; Mentre tutto scorre ebbe un grande successo ottenendo il disco di platino per le oltre 50.000 copie vendute. Il brano, inserito nella colonna sonora del film La febbre, ha inoltre ricevuto il Nastro d'argento come miglior canzone. Per chi non lo ricordasse, con ogni probabilità la totalità delle persone che stanno leggendo queste righe, quell’anno, nella sezione in cui parteciparono i Negramaro, vinse Laura Bono con Non credo ai miracoli, a quanto pare, dovendosi poi subito ricredere su questo punto, assistendo alla propria vittoria.

 

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