Arnold Schoenberg, noto per la sua rivoluzionaria influenza nella musica del XX secolo, viveva con una forte superstizione legata al numero 13. La sua paura, definita triskaidecafobia, lo accompagnò per tutta la vita e culminò tragicamente il 13 luglio 1951, un venerdì 13, giorno che avrebbe segnato il suo ultimo respiro.
Oggi, venerdì 13, ricordiamo che per un compositore classico, questa data tanto temuta rappresentò un crudele scherzo del destino...
Per molti, venerdì 13 è il giorno più sfortunato dell’anno. Mentre alcuni liquidano questa credenza come una semplice superstizione, altri preferiscono trascorrere la giornata chiusi in casa, lontani da gatti neri e scale traballanti. Ma per Arnold Schoenberg, celebre compositore austro-americano, questo giorno rappresentava una vera e propria fonte di terrore.
La superstizione legata al venerdì 13 ha origini antiche, risalenti almeno alla prima metà del XIX secolo. Diverse teorie circondano questo giorno, ritenuto infausto per motivi che spaziano dalla religione alla cultura popolare. Il numero 13, in particolare, è stato visto come sfortunato per secoli. In ambito cristiano, ad esempio, si ricorda che Giuda Iscariota, il discepolo che tradì Gesù, era il tredicesimo commensale durante l’Ultima Cena. E questo mito è stato costantemente rinforzato da opere letterarie, film e programmi televisivi.
Schoenberg, compositore di fama mondiale e grande innovatore musicale del XX secolo, era particolarmente sensibile a questa superstizione, tanto da soffrire di una vera e propria fobia del numero 13, conosciuta come triskaidecafobia. Questo timore del numero 13 è legato al fatto che il 12 viene considerato il numero della perfezione, simboleggiato dai 12 mesi dell’anno, le 12 ore di un orologio e i 12 segni zodiacali.
L'influenza di questa fobia sulla vita di Schoenberg fu tale che egli cercava in ogni modo di evitare qualsiasi associazione con il numero. C'è chi ipotizza addirittura che abbia scritto intenzionalmente male il titolo della sua opera, Moses und Aron, elidendo la doppia “Aa” di “Aaron” come vorrebbe la scrittura in lingua tedesca, poiché la grafia corretta avrebbe reso il titolo lungo esattamente 13 lettere.
Ma il momento più inquietante della vita del compositore arrivò proprio un venerdì 13, il 13 luglio 1951. Schoenberg, ormai 76enne, trascorse quella giornata in preda a una crescente ansia, convinto che sarebbe accaduto qualcosa di terribile. E così fu. Sua moglie Gertrud raccontò che, pochi minuti prima della mezzanotte, mentre pensava che la giornata fosse ormai quasi conclusa, il dottore la chiamò. Il cuore di Schoenberg ebbe un ultimo, potente battito, seguito da un sospiro affannoso. E lì si spense.
Il fatto che le cifre della sua età – 7 e 6 – sommate dessero come risultato il fatidico numero 13 non fece che aumentare la sensazione di un destino segnato da questa cifra maledetta. Una coincidenza che dà i brividi.
Schoenberg non fu certo l'unico a essere vittima di superstizioni legate al numero 13. Ancora oggi molti hotel evitano di avere stanze numerate 13, e alcuni ristoranti non assegnano mai il tavolo 13 ai propri ospiti. Anche nel mondo dell’aviazione, non troverai mai la fila 13 sui voli di compagnie come Ryanair o Lufthansa.
Il racconto della vita e della morte di Arnold Schoenberg ci ricorda che le superstizioni, per quanto irrazionali, possono influenzare profondamente la psiche umana. E in un giorno come venerdì 13 non possiamo fare a meno di pensare a quanto sottili siano i fili che legano il destino all'invisibile.