In questo articolo, partendo dalla definizione del termine voce, chiariamo la distinzione fondamentale tra voce parlata e voce cantata, per terminare con la classificazione tra le varie di tipologie di vocalità presenti nella forma di voce cantata più evoluta e completa, quella dell’opera.
Il termine voce è riferito alla peculiarità di qualsiasi suono prodotto, sia umano (voci umane) che meccanico (strumenti musicali). La voce umana, parlata e cantata, è il risultato di un processo che impegna in maniera coordinata il sistema respiratorio, il sistema laringeo e il sistema risuonatore. Si ha cioè la produzione della voce quando il flusso respiratorio, per effetto dei movimenti del torace, del diaframma e delle pareti addominali, giunge all'altezza della laringe ed è trasformato in corpo vibrante dall'azione delle corde vocali. Il cosiddetto tono fondamentale laringeo espresso da queste vibrazioni è ampliato e integrato con toni armonici nella cavità di risonanza sopraglottidee e sottoglottidee, dando luogo alla vera e propria voce.
Il divario fra voce parlata e voce cantata consiste anzitutto nella maggiore intensità, o volume (dipendente dall'ampiezza delle vibrazioni dell'energia dell'espirazione) che il canto richiede rispetto un discorso. Una seconda differenza è data dalla durata dei suoni, dal momento che una fase musicale obbedisce a ritmi e pause spesso non coincidenti con i ritmi e le pause di un discorso appunto ne consegue che, nel canto, sia la fase di inspirazione che la fase di espirazione sono regolate, per mezzo del diaframma, in modo diverso che nel discorso. Ma la principale differenza fra voce parlata e voce cantata sta nel fatto che, nel canto, tutti i suoni presentano un'intonazione rispondente agli intervalli e alle tonalità del sistema musicale, mentre nel discorso soltanto alcuni suoni hanno questa caratteristica. È quindi improntata a diversi criteri la cosiddetta altezza dei suoni, che dipende dal numero delle vibrazioni ed è di volta in volta determinata da modifiche sia degli atteggiamenti della laringe, sia del flusso respiratorio. L'azione esercitata nel canto dal sistema respiratorio e dal sistema laringeo, per ottenere suoni di intensità, durata e altezza rispondenti alla necessità di una frase melodica, è completata dall'intervento dei risuonatori. Le cavità sopraglottidee e sottoglottidee (in particolare le cavità nasale e la cavità orale) non solo svolgono un'azione più accentuata che nella produzione della voce parlata, ma intervengono sull'intensità e sull'altezza del suono, nonché sulla formazione del cosiddetto timbro musicale, tanto più ricco e suggestivo quanto maggiore la presenza dei toni armonici. Differenze fra voce parlata e voce cantata sono riscontrabili anche nell'articolazione e scansione delle consonanti (che nel canto, a seconda delle necessità espressive, possono essere o molto più energiche o molto più attenuate che non in un discorso) e nel colore delle vocali, che nella voce cantata subiscono, soprattutto per ragioni tecniche, alterazioni o aggiustamenti, come la cosiddetta a arrotondata (e cioè quasi portata al colore della o) o come l’oscuramento o copertura dei suoni nelle note acute. Va infine ricordato che fra la voce parlata e la voce cantata sussistono stadi intermedi rappresentati, progressivamente, dalla declamazione degli oratori o degli attori di prosa, da recitativo o dal declamato musicale.
La voce cantata, nella sua manifestazione più completa ed evoluta (l’esecuzione di un'opera) ha dato luogo a diversi tipi di vocalità, ciascuno contraddistinto da proprie caratteristiche di timbro, intensità, colore ed estensione. Tra le voci femminili, quella del soprano è la più chiara è la più estesa nel settore acuto mentre quella del contralto è la più scura la più intensa e anche la più estesa nel settore grave. La terza voce femminile, quella del mezzo soprano, ha caratteri intermedi fra il soprano e il contralto. Analoga situazione si riscontra, nelle voci maschili fra tenore, basso e baritono. Nell'opera del Sei Settecento e del primo Ottocento, e nel canto di chiesa del tardo Cinquecento ai primissimi del nostro secolo, agivano anche i cosiddetti castrati, o falsettisti naturali, nei quali l'orcheotomia, praticata prima della muta, determinava un timbro bianco partecipante, insieme, di quello dei ragazzi e di quello delle donne. Timbro affine a quello femminile hanno anche i falsettisti artificiali oggi noti piuttosto impropriamente, come controtenori, i quali, grazie a una speciale tecnica, cantano come le donne, come ragazzi e come i castrati ad un'altezza superiore di un’ottava a quella della voce piena maschile. I falsettisti artificiali sono ancora oggi impiegati per eseguire, in opere antiche, parti a suo tempo scritte per castrati.