Origini, sviluppo e caratteristiche della suite, una delle forme musicali più antiche e destinata ad influenzare direttamente lo sviluppo del linguaggio strumentale fino a tutto il Settecento e che ha dato spunto e ispirazione a molti compositori.
La suite è una composizione strumentale in più movimenti, tratti da danze popolari, scelti con criterio di contrasto ritmico tra loro e caratterizzati dalla stessa tonalità.
L’origine della suite, una delle forme musicali più antiche e destinata ad influenzare direttamente lo sviluppo del linguaggio strumentale fino a tutto il Settecento è da ricercarsi, in primo luogo, nella valorizzazione artistica toccata, già nel primo Medioevo, alla musica profana. La consuetudine di raggruppare le forma di danza a due a due, in contrasto tra loro per carattere e movimento, e una applicazione di una sempre maggiore indipendenza degli interventi puramente strumentali, danno avvio ad un processo di sganciamento dalla tradizione, ponendo una valida alternativa alla musica dotta dei luoghi sacri e preludendo all’affermazione di un linguaggio libero, non più austero, non più teologico, rappresentativo di quella molteplicità dei valori, che saranno, di lì a poco, alla base dell’umanesimo.
Nel Rinascimento, col moltiplicarsi nell’arte delle forme profane, si estende fra l’altro l’usanza del ballo promiscuo (tra persone di sesso diverso). Sotto la spinta di questo rivolgimento sociale, i musicisti danno con la suite una efficace risposta ai nuovi concetti di arte, assimilando e nobilitando quelle danze popolari che della suite costituiscono appunto la prima forma (danze in tempo lento o moderato, di solito in movimento binario, come la pavana, il passamezzo, la basse danse; danze veloci a prevalente ritmo ternario, come la gagliarda, la giga, il salterello). Con l’utilizzo di nuove danze e l’aumento del loro numero nella suite si giunge poi al double, dove la ripetizione virtuosistica di una danza inaugura il concetto di variazione.
I primi esempi di suite stampate sono contenuti nel IV Libro delle Intavolature per liuto del Petrucci, con quattro danze e una toccata finale raggruppate in una sola sequenza, e in Nobiltà di dame, raccolta di danze per liuto di F. Caroso, dove si trova una suite in quattro movimenti.
Nella prima metà del XII secolo, grazie all’apporto di J.J.Froberger, è possibile stabilire la struttura caratteristica della suite classica: quattro danze (allemanda, corrente, sarabanda, giga), con frequente immissione, fra le ultime due, di altri movimenti danzati, come la gavotta, bourrée, il minuetto, la loure, il passpied, il rigaudon, il preludio alla suite è un fenomeno più tardo (Suite inglesi di J.S. Bach). Oltre all’idea del contrasto, sulla quale si basa, caratteristeiche della suite sono:
la stessa tonalità (con alternanza maggiore minore)
uguale struttura delle sue parti.
Nella seconda metà del Settecento, con l’affermarsi della sonata, la suite subisce un declino come forma propria, ma resiste come genere “applicato” (ad esempio, nei tempi secondari della sonata preromantica). Restaurata verso la metà del XIX secolo (Lachner, Bargiel, Parry), la suite sarà spesso utilizzata dai musicisti del primo Novecento (Debussy, Suite bergamasquee Pour le piano; Ravel, Le tombeau de Couperin), per diventare, successivamente, una delle forme contemplate dai neoclassici (Hindemith, Suite op. 26), naturalmente con immissione di danze moderne, anche jazzistiche (Trois dances – valzer, ragtime e tango – dall’Histoire du sladat di Stravinkij).