Il ruolo delle emozioni nel processo di apprendimento al pianoforte

Fino a che punto un pianista può fare i conti con le emozioni evocate attraverso la musica che sta ascoltando nella propria mente prima di riprodurla? Stiamo parlando, in altri termini, della differenza tra l'ascoltatore e l’esecutore e del ruolo delle emozioni nella fase di apprendimento alla tastiera.

Esercitarsi al pianoforte con le emozioni

La questione delle emozioni e della musica è molto complessa e tocca molteplici aspetti dell'apprendimento e dell'esecuzione della musica per pianoforte. Nell’esecuzione, infatti, si dovrebbe ricercare sempre un delicato equilibrio tra mantenere un controllo “oggettivo” e il perdersi nelle proprie emozioni. Quest'ultimo aspetto comporta l'assunzione di rischi, differisce per ogni esecutore e può cambiare con l'esperienza a livello esecutivo.

È impossibile dare una risposta definitiva ed esaustiva, magari salomonica prescrivendo un cinquanta per cento di controllo e un cinquanta per cento di rischio emotivo, anche se gli artisti saranno sicuramente d'accordo sul fatto che una certa misura di controllo è desiderabile e sempre necessaria. Alla fine, dipende dal temperamento, dall'esperienza di ogni pianista e da come egli intende affrontare l’esibizione, ovvero con quale livello di comfort. In linea generale, ci sentiamo di affermare che suonare troppo sul sicuro spesso priva il pubblico (e se stessi) di quell’esperienza emotiva che è propriamente il motivo per cui ci si reca ad un concerto. "Nessun rischio, nessuna ricompensa", vale per l'esecuzione di musica tanto quanto per il mercato azionario!

La questione posta all’inizio entra in relazione anche con un mito assai diffuso tra i musicisti dilettanti in merito alla pratica del pianoforte, ovvero l’idea che sia possibile imparare le note e poi "applicare" loro il sentimento, per dirla in con altre parole "prima le note, poi la musica". Questo modo di procedere, tuttavia, rappresenta un grave errore per due motivi fondamentali:

il primo è che, per definizione, riproduciamo ciò che apprendiamo. Se apprendiamo un pezzo senza emozioni, lo suoneremo senza emozioni.

Il secondo motivo è che il cervello impara molto più velocemente se stimolato dall'emozione. Più intensa è l'emozione (positiva o negativa che sia), più velocemente l'informazione o l'esperienza si fissano nel nostra memoria.

Suonare il pianoforte è un atto psicofisico, un atto performativo che, come tale, dipende dal sistema nervoso e quindi dalla memoria cinestetica, così come dai comandi che si estendono oltre il mero muscolo, integrando opportunamente il feedback uditivo. Suonare il pianoforte e un’azione complessa che va molto al di là della semplice pressione dei tasti.

L'implicazione è che l'espressione emotiva nella musica non è qualcosa che dovrebbe essere "aggiunto" a movimenti precedentemente assimilati, dovrebbe essere adeguatamente integrata nel processo di apprendimento stesso. Esercitarsi con l'emozione, integrando le emozioni nei nostri movimenti muscolari (con questo non intendo gesti istrionici di alcun tipo), è quindi necessario per conseguire una autentica musicalità.

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