Strumenti e rischio Covid-19, alcune evidenze scientifiche

Alcune attività musicali come il canto o l’utilizzo di strumenti a fiato sembrano maggiormente esposte al rischio di diffusione della malattia virale. Riportiamo le risultanze di alcuni studi specifici che hanno indagato questo aspetto. Quello che se ne ricava, è che esistono le condizioni per assistere in piena sicurezza a spettacoli musicali.

 

musica e covid

Come sappiamo in Italia si registra in questi gironi un aumento dei casi accertati di infezione da Coronavirus e lo scorso tredici ottobre è stato emanato un DPCM con nuove misure di contrasto alla diffusione del virus. I nuovi provvedimenti non coinvolgono gli spettacoli dal vivo le cui condizioni di svolgimento rimangono sostanzialmente invariate.

Teatri, sale da concerto, cinema e spazi all’aperto possono aprire con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro, sia per il personale sia per gli spettatori non conviventi. I numeri massimi: 1.000 spettatori per spettacoli all’aperto, 200 per spettacoli al chiuso, per singola sala. Le attività dovranno svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio. Resta il fatto che regioni e province autonome possono modificare il numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi. Permane invece la chiusura di discoteche, sale da ballo e locali simili sia all’aperto sia al chiuso.

Queste nuova impennata di contagi getta, in ogni caso, ombre fosche sul futuro della attività creative condivise poiché è noto che proprio queste ultime sono state una delle principali vittime collaterali della pandemia. A questo proposito, lo scorso 11 ottobre si è svolto il flash mob “bauli in piazza”, cinquecento flightcase vuoti (bauli per il trasporto di attrezzature) sono stati disposti di fronte al Duomo simili un po’ a bare a simboleggiare il collasso dell’industria dello spettacolo dal vivo. Un’atmosfera luttuosa volutamente richiamata anche dall’abbigliamento scuro delle 1300 persone manifestanti in rappresentanza dei 570 mila lavoratori del settore rimasti fermi o comunque gravemente danneggiati, senza distinzioni di categoria.

A risentire in modo particolare è proprio il comparto della musica in quanto attività come cantare e suonare strumenti a fiato, ad esempio, non sono propriamente compatibili con l'uso di maschere. Allo stesso tempo, proprio la peculiarità delle performance musicali che inevitabilmente comportano l’emissione di fiato, rende lecito chiedersi se è possibile paventare dei rischi specifici nel fare musica?

Esistono alcuni studi scientifici che si sono posti la questione e che possono fornire interessanti indicazioni per stabilire strategie adeguate per la fruizione in sicurezza degli spettacoli musicali.

 

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Il canto

 

È risaputo che uno dei principali veicoli di diffusione del virus Sars-CoV-2 è rappresentato proprio dall’emissione delle goccioline respiratorie che si producono semplicemente parlando e, a maggior ragione, cantando. Uno studio finanziato dal governo britannico, sostenuto anche dalla Public Health Englan e pubblicato dall'Università di Bristol, ha testato proprio il percorso e la portata delle goccioline e delle secrezioni delle vie aeree durante il canto.

A 25 cantanti professionisti di diverse discipline, dall'opera al jazz, e di diversi tipi di voce, è stato chiesto di respirare, parlare, tossire e cantare un singolo tono all’interno di specifici dispositivi utilizzati per monitorare la trasmissione di aerosol.

È stato anche chiesto loro di cantare "Happy Birthday" a volumi diversi. È stato riscontrato che il canto e il parlare ad alta voce - 90-100 dB - producono rispettivamente circa 36 e 24 volte la quantità di aerosol della respirazione.

Sostanzialmente cantare non è più rischioso del parlare ad un tono un po’ più elevato. Come ha affermato Jonathan Reid, lo scienziato co-responsabile del progetto: "La nostra ricerca ha fornito una base scientifica rigorosa per le raccomandazioni COVID-19 affinché i luoghi d'arte operino in sicurezza, sia per gli artisti che per il pubblico, assicurando che gli spazi siano adeguatamente ventilati per ridurre il rischio di trasmissione aerea". E ancora, sempre lo stesso Reid in una intervista al Guardian: "Non è un problema di vocalizzazione, che si tratti di cantare o parlare, ma del volume. Solo cantando un po' più piano si riduce davvero il rischio".

Anche dopo i test scientifici, bisogna osservare che esiste ancora un livello di rischio percepito per il canto più elevato rispetto a qualsiasi altra forma di produzione musicale.

Ma questo non vuol dire che non si possa assistere ad una esibizione canora in modo sicuro e controllato adottando semplici misure di cautela.

 

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Gli strumenti a fiato

 

Altri potenziali vettori di contagio, data la loro specifica modalità di funzionamento, sono gli strumenti a fiato. Esiste a riguardo uno studio dei ricercatori dell'Università del Minnesota e pubblicato su medRxiv.

I ricercatori hanno analizzato le emissioni risultanti dall’utilizzo degli strumenti a fiato come tube, trombe, clarinetti, flauti, oboe, e simili per un totale di 10 strumenti studiati a diversi livelli dinamici e modalità di articolazione del suono. In generale i risultati delle analisi svolte hanno dimostrato che la concentrazione di aerosol proveniente da ottoni e legni mostra due ordini di variazione di grandezza. Di conseguenza, è stato possibile classificare gli strumenti in basso (tuba), intermedio (ottavino, flauto, clarinetto basso, corno francese e clarinetto) e ad alto rischio (tromba, trombone basso e oboe) sulla base di un confronto tra la loro capacità di generazione di aerosol e quella della normale respirazione e conversazione.

Inoltre, si è osservato che la generazione di aerosol può essere influenzata dal cambiamento del livello dinamico dell’esecuzione, dal modalità di articolazione, dai normali comportamenti respiratori degli individui e persino dal ricorso ad alcune tecniche particolari durante l’uso dello strumento. Tuttavia, tali effetti variano sostanzialmente per i diversi tipi di strumento, a seconda delle specifiche tecniche di respirazione, nonché della struttura del tubo e del design stesso dello strumento. Ad esempio, uno strumento più stretto e lungo tende di più a conservare l’aerosol, in quanto quest’ultimo tendenzialmente si deposita all’interno del tubo medesimo.

Infine, i ricercatori hanno osservato che, a parte la concentrazione di particelle, gli strumenti a fiato generano tutti particelle della stessa entità dimensionale, che è più grande di quella della normale respirazione o del parlare, a causa della forte espirazione necessaria per la produzione di suoni con tali strumenti.

Questi risultati si aggiungono ad un altro lavoro sul flusso d’aria degli strumenti musicali. La ricerca, condotta a maggio, ha analizzato l’esecuzione di strumenti a fiato e a corda da parte dei componenti della filarmonica di Vienna, che in precedenza avevano inalato un composto che si illumina sotto la luce dei fari quando viene esalato. In un altro studio, condotto in primavera in Germania, è stato analizzato il flusso d’aria degli strumenti a fiato. Entrambe le ricerche indicano che gli strumenti producono un flusso d’aria inferiore rispetto al canto (e che i flauti ne producono uno maggiore rispetto agli altri strumenti a fiato).

Bernhard Richter, otorinolaringoiatra e codirettore dell’Istituto di medicina della musica di Friburgo a capo del studio tedesco, riferisce che i risultati iniziali potrebbero essere utili per stilare una serie di raccomandazioni relative alla sicurezza. La nuova ricerca sugli aerosol potrebbe fornire dati ancora più sofisticati. “Non sappiamo abbastanza sugli aerosol. Le modalità di dispersione sono fondamentali”.

 

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