Musica e intelligenza artificiale

L’apporto della tecnologia e della intelligenza artificiale all’interno di uno degli ambiti che si considerano più specificatamente umani come la creatività e la musica, è operante in maniera significativa già da oggi e non in un lontano avvenire. In questo articolo facciamo una breve ricognizione di tutte quelle esperienze che ci indicano che il futuro della musica è già qui.

 

Quando si pensa all’intelligenza artificiale, viene spontaneo associarla a specifiche attività che abbinano un finalità immediatamente pratica in cui gli uomini possono facilmente essere rimpiazzati dalle macchine: siano essi lavori e compiti che richiedano calcoli complessi, l’ottimizzazione di dati o veri e propri lavori manuali.

Lo sviluppo delle tecnologie legate all’AI, grazie all’ideazione di reti neurali artificiali e particolari algoritmi, ha permesso una loro fattiva e significativa applicazione all’interno di uno degli ambiti che sembra più insostituibilmente legato alla sensibilità e allo specifico umano: quello della creatività e della musica in particolare. Una realtà non più semplicemente futuribile ma già ampiamente operante e che ci circonda quotidianamente, basti pensare alle colonne sonore di videogiochi, film e playlist di Spotify, già oggi composte dai computer, che suonano sorprendentemente bene e che, soprattutto, appaiono indistinguibili dalle opere umane.

Un grande impulso verso tali esiti, impensati fino a pochi decenni fa, viene dai processi di machine learning consistente in una serie di tecniche che permettono ai sistemi informatici di prevedere, classificare, ordinare, prendere decisioni e in generale estrarre conoscenze dai dati senza bisogno di definire regole esplicite. A determinare questo salto qualitativo è proprio il passaggio da un’intelligenza basata su regole a un’intelligenza basata sui dati, utilizzati per addestrare le macchine, per così dire, e consentire loro di imparare a estrarne le conoscenze che gli servono per creare nuove informazioni, nuovi collegamenti e servirsi di tutto questo per le future interazioni con l’esterno.

Oggi esistono IA che compongono musica di vario genere dal pop alla musica classica. In Giappone si tratta di un fenomeno talmente sviluppato che si assiste all’affermazione di vere e proprie popstar virtuali come Hatsune Miku che riscuotono grande successo e addirittura fanno tour sotto forma di avatar.

 

Non solo il Giappone, la cantante resa famosa dal talent American Idol e diventata una star di YouTube, Taryn Southern, ha arrangiato e prestato la propria voce ad un album, I AM AI, totalmente scritto, suonato e prodotto dal programma open source Amper. Così come il brano Daddy’s Car, pubblicato nel 2016, è il prodotto delle fatiche creative, a partire dalle canzoni dei Beatles, del sistema di IA sviluppato da Sony, Flow Machines.

Lo stesso programma è stato autore di un intero album, Hello World, che ha coinvolto numerosi artisti come Kiesza e Stromae, curato dal compositore francese Benoit Carré con lo pseudonimo SKYGGE e dallo scienziato François Pachet, cui Spotify ha poi affidato il ruolo di direttore del laboratorio di ricerca tecnologica dedicato alla scoperta di nuovi generi musicali.

Un lavoro che ha riscosso ampio apprezzamento anche di critica tanto che Alex Marshall della BBC ha potuto affermare che si tratta del “primo valido album prodotto da un robot”, anche se in una intervista Carré ha voluto sottolineare l’apporto umano decisivo per conferire struttura e aggregare le traccie dando loro un’anima che altrimenti non avrebbero potuto avere.

 

Come scrive Marianna Tognini: “Anche Google, con il progetto interno Magenta, sta studiando algoritmi di deep learning per realizzare canzoni, disegni e altre opere: uno dei suoi modelli musicali più famosi, Performance RNN, usa le reti neurali per fornire tempi e dinamiche espressive, simili a quelli umani, a file MIDI altrimenti statici e generati da una macchina. Tutti gli strumenti di Magenta sono open-source, e la diretta conseguenza è una rinnovata democratizzazione della musica, a cui si avvicina pure un’ondata di dilettanti desiderosa di condividere il proprio contenuto online” (cfr thevision.com).

 

Aiva

 

Fenomeni pop come quelli citati non sono gli unici, come detto, anche nell’ambito della musica classica si è potuto assistere all’avvento in maniera decisa dell’IA, come nel caso di Aiva, il primo compositore virtuale di musica classica e sinfonica addirittura iscritto a una società per la gestione collettiva del diritto d’autore, l’istituto francese SACEM (l’equivalente dell’italiana SIAE). Questo software compone brani originali basandosi sulle partiture di grandi compositori – Mozart, Bach, Beethoven, Vivaldi – e potrebbe, un domani, completare opere rimaste incompiute come la Sinfonia n.8 di Schubert.

Programmato dai fratelli Pierre e Vincente Barreau, Aiva, che si basa su algoritmi deep learning, analizza oltre 15mila partiture musicali digitalizzate, dando origine a un modello matematico e intuitivo di musica che viene usato per scrivere nuove composizioni. I brani così ottenuti possono essere eseguiti da musicisti reali, oppure ugualmente affidati all’ambito di esecuzione virtuale attraverso la tecnologia VST o tecnologia dello studio virtuale.

 

Dear Glenn

 

Si è appena accennato all’ambito dell’esecuzione, anche sotto questo aspetto l’IA ha sondato le sue possibilità attraverso il progetto Dear Glenn sviluppato da Yamaha. La casa produttrice giapponese ha inventato un pianoforte che non solo suona da solo, ma imita anche uno dei migliori pianisti e interpreti di Bach del 20 ° secolo: Glenn Gould.

Il progetto, nato con supporto della Glenn Gould Foundation, ha analizzato oltre 100 ore di registrazioni di Gould per sviluppare una comprensione del suo stile pianisitco e ha impiegato anche in questo caso algoritmi di deep learning. Oltre alle registrazioni audio di Gould, i dati di apprendimento dell'IA includevano altri input umani sotto forma di esibizioni di diversi pianisti ammiratori di Gould e profondi conoscitori del suo stile di esecuzione. L'analisi quasi istantanea delle performance umane consente all'IA di suonare in modo predittivo interagendo con i musicisti umani. Più che una semplice performance automatizzata, l'IA riproduce il tocco magistrale di Glenn Gould per offrire un'esperienza stimolante e interattiva di co-creazione tra un pianista dell'IA e musicisti umani.

In un video pubblicato da Yamaha è possibile ascoltare il piano Glenn Gould as AI nell’esecuzione delle variazioni di Bach in un ambiente da concerto mentre offre al pubblico quella che, nelle intenzioni, è la versione dal vivo, oggi, più vicina alle esibizioni del grande pianista.

 

La scelta di Gould non è certo casuale poiché il grande musicista è stato uno dei più convinti fautori dell’avvento della tecnologia nella musica. Scrive Restagno, a questo riguardo: "dopo una lunga esperienza di incisioni discografiche, dopo aver creato dischi celebri e aver riflettuto a lungo sulle modalità di questo tipo di operazioni, Gould ritenne di possedere gli elementi per tracciare una nuova estetica della produzione e dell’ascolto musicale, e pubblicò sulla rivista 'High Fidelity' il saggio La registrazione e le sue prospettive,  nel quale viene affermata la priorità dell’estetica dell’incisione intesa come possibilità di superamento dei limiti dell’esecuzione contingente”.

La questione delle tecnologia in ambito musicale e del rapporto tra performer e pubblico è ben presenta a Gould il quale, tuttavia, occorre dirlo con Michele Maria Santoro: “intrattiene con la tecnologia un rapporto che potremmo definire dialettico, individuando in essa uno strumento per realizzare performance sempre più sofisticate e perfette. In questo dunque si allontana da coloro che guardano in maniera "deterministica" alla tecnologia, considerandola non come un mezzo da porre al servizio di un’idea o di una missione, ma come una vera e propria forza trainante che, grazie alla sua capacità di dar vita a enormi sviluppi nei più diversi contesti economici e culturali, si pone alla guida della società e ne forgia il destino. La consapevolezza che le capacità della tecnologia non abbiano valore di per sé stesse, non godano cioè di una propria autonomia in grado di determinare gli sviluppi futuri, ma vadano assoggettate ad un fine che è quello della perfezione artistica, appare infatti ben chiara a Gould” (cfr Glen Gould e la tecnologia).

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