Da Retromania di Reynols, che si interroga sull'ossesione del passato in musica, a Complotto! di Higghins, che racconta la storia del gruppo che diede fuoco ad un milione di dollari, alcuni consigli di lettura tra libri a tema musicale pubblicati negli ultimi anni, che sanno essere avvincenti come un romanzo e illuminanti come un saggio.
Musica e romanzo è un connubio risaputo e celebrato nell’opera di molti scrittori con esiti in alcuni casi di totale dipendenza e interconnessione di senso. Basti pensare, a questo proposito, al ruolo attribuito alla musica nella narrativa di Murakami Haruki da sempre appassionato e cultore di jazz o Nick Hornby paroliere e critico musicale, o, ancora, alla funzione della musica come elemento centrale e creatore di un orizzonte poetico definito nei memorabili noir di Jean Claude Izzo, argomento quest’ultimo cui abbiamo anche dedicato un approfondimento su questo blog. In molti casi anche all’interno della saggistica musicale è possibile reperire dei titoli che hanno la stessa carica visionaria e brillante capacità affabulatoria dei migliori romanzi. Di seguito un breve elenco di alcuni esempi del genere usciti negli ultimi anni.
Simon Reynolds, unanimemente considerato uno dei più importanti critici musicali contemporanea, erede del grande Lester Bangs, in questo libro si interroga sull’ossessione musicale per il passato. La musica, si domanda in altre parole, ha smesso di progredire e dire cose nuove? Quello che appare certo è che gli anni Zero non hanno prodotto quell’apertura al futuro che ci si sarebbe aspettati: fenomeni come le cover band, le reunion più o meno riuscite, il ritorno del vinile e delle musicassette, hanno contribuito a creare uno scenario all’interno del quale anche i nuovi personaggi sembrano somigliare per a una sorta di patchwork di fenomeni già visti.
Facendo ricorso ad aneddoti legati ai grandi della storia della musica (con esaltanti panoramiche su Beatles, Patti Smith e Frank Zappa) e artisti contemporanei – che sono spesso giunti alla notorietà rielaborando scampoli di musica strappati all’oblio – Simon Reynolds, sviluppa questa tesi in un saggio che unisce lo sguardo appassionato della critica musicale alla lucidità dell’indagine sociologica. E, insieme alla denuncia di un futuro che non c'è stato, pone una domanda a cui ancora non c'è risposta: continueremo a vivere oppressi dalla nostalgia oppure la retromania si rivelerà una fase storica isolata? Una lettura stimolante che interroga il senso del nostro ascolto contemporaneo.
“Perché i nostri gusti musicali sono sempre meglio di quelli degli altri? Perché a molta gente piace la musica di cattivo gusto?”. Sono questi gli interrogativi cui cerca di dare risposta Carl Wilson in questo brillante saggio che “è un esperimento nel campo del gusto, un tentativo di uscire deliberatamente dalla propria estetica personale […] La questione principale, però, è se i gusti di chiunque, a cominciare dai miei, poggino su solide fondamenta”. Proprio per verificare i propri gusti, Wilson si pone l’obiettivo di elaborare un’analisi biografica, stilistica ed estetica di un’artista che si trova agli antipodi rispetto alle sue preferenze Céline Dion. La cantante canadese, liquidata da molta critica come esponente di un certo sentimentalismo facile, con un disco come Let’s Talk About Love ha riscosso un larghissimo consenso di pubblico arrivando a vendere decine di milioni di copie.
La domanda che Wilson si pone è proprio perché una cantante come la Dion ha questo successo e qual è il profilo del suo fan medio. Mettendo in campo interessanti riflessioni che spaziano dall’antropologia alla sociologia e aventi come centro di riflessione la questione del gusto e fornendo alcuni accenni sulla storia della critica musicale, l’autore non fornisce risposte concrete, ma perviene ad una conclusione più importante, quella che potremmo definire come Democrazia del Gusto: «[…] non una passiva apertura mentale, ma aggrapparsi attivamente alle persone e alle cose diverse da me, che mettono pericolosamente in discussione il modo in cui sono fatto».
In questo libro John Higgs, romanziere e saggista inglese, racconta la storia di Bill Drummond (ex Big in Japan) e Jimmy Cauty (musicista anche lui, ex disegnatore di copertine di libri, tra le altre una del Signore degli anelli). Visti i personaggi oggetto della narrazione, non poteva che venirne fuori una biografia esplosiva, multidirezionale e travolgente. Come scrive Liborio Conca: “E, be’, Drummond e Cauty erano tipi decisamente visionari. Direi anzi che scorrendo il dizionario alla voce Pazzi i due in questioni dovrebbero trovare piena ospitalità. Situazionisti in un senso decisamente radicale (a pensarci, un situazionismo non radicale serve a poco); con una serie di iniziative musicali e artistiche al loro attivo che sarebbero piaciute ad Alfred Jarry, il padre della patafisica; due personaggi che farebbero la loro discreta figura nell’Incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon”.
In effetti, scorrendo le imprese musicali e le gesta di questo duo non si può che rimanere affascinati dal carico sovversivo e visionario che esprime. Citiamo di seguito alcuni esempi tra i tanti che costellano questa narrazione. Subirono un’azione legale dagli Abba per l’utilizzo non autorizzato di un simple e l’ineffabile duo reagì regalando un disco d’oro ad una prostituta svedese per poi bruciare tutte le copie del loro primo album. Incisero un remix della sigla di Doctor Who facendolo passare come singolo d’esordio di un’automobile (realizzando milioni di vendite e rimanendo in testa alle classifiche inglesi per molto tempo). Presero di mira anche il repertorio dei Beatles riadattando All You Need is Love alla tematica dell’AIDS. Dopo aver vinto il premio come miglior gruppo, seminarono il panico sparando a salve sul pubblico dei Brit Awards. Come reazione al loro crescente successo decisero di sparire dalle scene e distruggere tutte le loro copie invendute.
Considerati ormai superati, il 23 agosto del 1994 andarono sull’isola di Jura in Scozia e si ripresero mentre davano fuoco ad un milione di sterline. Letteralmente. Il video di quella che può essere considerata una straordinaria, sovversiva, situazionista performance, dall’esplicito titolo Watch the K Foundation Burn a Million Quid, è facilmente reperibile su YouTube. John Higgs maneggia la materia incandescente della biografia di questo singolare duo condendola di interessanti divagazioni tra arte, storia, musica, occulto. Un libro che fa pensare a Carrère per la precisione dell’incursione biografica ma anche a Pynchon per le sue componenti paranoiche, magmatiche e paradossali.
Uscita per Mondadori con la traduzione di Michele Piumini, Porcelaine è l’autobiografia di Moby, al secolo Richard Melville Hall. A differenza della maggior parte delle autobiografie di musicisti che si concentrano sulle fasi di grande successo o discesa, questo avvincente resoconto si concentra, invece, sul periodo che precede l’affermazione, descrivendo con ritmo agile e una scrittura incisiva e piena di trasporto la New York della fine degli anni Ottanta in cui cominciavano ad avvertirsi i primi echi house.
Porcelaine è il ritratto perfettamente delineato di un pesce fuor d’acqua: giovane etero, bianco, povero, cattolico e vegano che si trova a doversi muovere tra il sospetto e la diffidenza all’interno di un ambiente come quello dei club frequentato per lo più da persone che non rientrano in nessuna delle categorie appena ricordate. Seguiamo la storia di questo artista dai rave selvaggi al sostegno di Axl Rose, da quando la sua fame di affermazione lo portava a non rifiutare nessun lavoro scrive “Se uno netturbino del Queens mi avesse chiesto se mi interessava fare il DJ nel suo salotto per lui e sua nonna, probabilmente gli avrei risposto ‘Sì, ma solo se non mi paghi’”.
Il suo racconto descrive una parabola che conosce anche il buio dell’abuso d’alcool e il rischio di fallimento lasciando il lettore con un finale sospeso proprio alla vigila della pubblicazione di Play nel 1999, l’album che ha venduto milioni di copie, ancora oggi il disco di musica elettronica che ha venduto di più, che lo ha trasformato in una superstar e di cui Porcelaine, da qui il titolo del libro, era il brano di punta.
Scritto dal giornalista statunitense Michael Moynihan e dallo scrittore norvegese Didrik Søderlind è un saggio sulla scena black metal norvegese, con particolare attenzione riservata agli atti criminosi commessi dai membri della stessa, come i roghi di chiese, i suicidi e gli omicidi avvenuti in Norvegia nei primi anni novanta. Divenuto un libro di culto, è disponibile in una versione arricchita da circa una cinquantina di pagine extra, nella traduzione realizzata da Stefania Renzetti e Massimo Baroni per Tsunami Edizioni.
Eccezionale documento e analisi di un fenomeno culturale e musicale, Lords of Chaos è un volume che difficilmente può mancare all’appello nelle biblioteche di estimatori e simpatizzanti di un sottogenere, quale il black, la cui macabra e leggendaria reputazione non ha ancora smesso di far parlare di sé.
Per questo articolo cfr illibraio