Per festeggiare i 75 anni di Lucio Dalla, lo scorso 26 ottobre è stata presentata la raccolta Duvudubà. Il cofanetto, che trae il nome dallo scat di Dalla nella sigla per il Lunedì Cinema di Rai 1 negli anni ’80, contiene 4 CD con ben 70 brani rimasterizzati a 192 khz/24 bit dai nastri originali di studioe un booklet di 60 pagine con fotografie e testimonianze raccolte dal giornalista John Vignola.
Un ricco omaggio dedicato al musicista bolognese targato Sony Music (Legacy) che rientra, come già Almeno pensami il brano portato a San Remo da Ron, nel più ampio lavoro di pulizia, rimasterizzazione e ripubblicazione del repertorio del grande cantautore.
La raccolta, oltre ad alcune rarità come Ciaoin francese, Il mago pipo-pò, Amamus Deus,Unknown love, Sicilia e Campione di Swing messe a disposizione per l’occasione da Pressing Line e Fondazione Lucio Dalla, propone anche un inedito dal titolo Starter.
Le insidie che si nascondo dietro ogni riproposizione di una raccolta postuma sono sempre quelle della ridondanza e della conferma del giudizio di trascurabilità sotteso dalla decisione dell’autore di non pubblicare in vita quel materiale.
In questo caso specifico, parliamo di rarità che, in realtà, aggiungono poco alla conoscenza di Dalla ma anche di un inedito che merita di essere ascoltato.
Come spiega Marcello Balestra, manager dell'etichetta Pressing Line, il brano “risale al periodo del tour 'Work in progress' con Francesco De Gregori ed è una delle tracce rimaste sul tavolo mentre lavorava al progetto successivo, nel 2010-2011”.
Da un punto di vista stilistico il brano si caratterizza come un pop d’autore venato da un gusto vagamente etnicomixato all’elettronica. L’attacco, carpito al provino, ci fa sentire la voce di Dalla che con il solito entusiasmo incita con le parole:” che bello: lascia suonare! Lascia suonare!”. Parole che appaino quasi un invito rivolto all’ascoltatore a lasciarsi trasportare dall’emozione e accogliere senza remore questo dono postumo. Un crescendo di sax accompagna, poi, un brano che plana leggero e con la solita fame di vita tra metafore cariche di ironia e malinconica stralunata poesia.
“Mi affitterò una macchina per andare su e giù e una colla che non si stacca mai.Così quando ti siedi non ti alzi più” racconta Lucio all’inizio di un brano in cui si incrociano “una rumena un po’ polacca, che sembra una delle Hawaii”, un locale di Cattolica “Che apra tardi e non chiude più”, una bella sadica che con tutte le catene sembra “un cancello che non si apre mai”.
E mentre ci lasciamo andare al racconto, una frase “Sai io vorrei che quest’estate non finisse mai” ci ridesta e assume un significato affatto particolare alla luce della consapevolezza dell’assenza di oggi. Sul finale l’assolo di sax avvolge in caldo abbraccio conclusivo la voce di Dalla che sfuma e si congeda lasciandoci una sottile nostalgia. Nostalgia che, comunque, potrà essere mitigata immergendosi nell’ascolto dei tanti gioielli contenuti in questa raccolta attraverso i quali Dalla continua a parlarci e a tenerci compagnia.