L’importanza della memoria analitica nell’esecuzione pianistica

Come sottolineato da Gieseking e Leimer, più della memoria uditiva, visiva e cinestetica, la memoria acquisita attraverso l’analisi della partitura è di fondamentale importanza per un pianista perché consente una acquisizione più duratura e consapevole della stessa.

memoria analitica pianoforte

L’esecuzione a memoria è una tradizione consolidata tra i pianisti per quanto occorre constatare che non siano numerose le fonti bibliografiche nelle quali si sviscerano in modo specifico le tecniche di memorizzazione per i pianisti. Tra i testi più importanti in materi occorre citare On memorizing and playing from memory and on the laws of practice generally di Tobias Matthay e Piano technique di Walter Gieseking e Karl Leimer. In questi volumi gli autori ricordano che le modalità di memorizzazione della partitura per i pianisti sono fondamentalmente quattro:

memoria visiva;

memoria uditiva;

memoria cinestetica;

analisi della partitura;

Sia Matthay che Gieseking e Leimer concordano sul fatto che, affinché abbia luogo una memoria intelligente, è necessaria una conoscenza approfondita della partitura e della struttura musicale in ogni suo aspetto. Questi autori sottolineano il ruolo secondario della memoria uditiva, visiva e cinestetica rispetto alla memoria acquisita per mezzo di un’attenta analisi della partitura

La memoria analitica mette a frutto l’applicazione delle conoscenze di tipo teorico e per questo motivo è usata da musicisti di un livello avanzato negli studi. Infatti, essa si fonda sull’analisi della struttura, dei movimenti delle singole voci, dell’armonia ecc. In questo modo, a differenza delle altre tipologie di memoria, permette una visione più approfondita dei concetti, che consente una migliore e più dettagliata comprensione di ciò che si sta suonando. Facilita l’attribuzione per ogni aspetto di una spiegazione logica riguardo la forma, l’armonia, il ritmo, il tempo. Dopo un accurato studio della partitura, che spesso non si realizza di fronte al leggio del proprio strumento, il pianista può sviluppare una memoria più solida, fondata su una particolareggiata conoscenza formale del brano ed utile alla formulazione di scelte interpretative veramente consapevoli.

Come appena detto, questo tipo di analisi può avvenire lontano dal proprio strumento proprio perché si basa sulle proprie conoscenze teoriche. Addirittura, c’è chi consiglia caldamente di adottare questo tipo di studio ancor prima di eseguire per la prima volta il brano con il pianoforte. Walter Gieseking e Karl Liemer raccomandavano di provare mentalmente un brano come primo step nel processo di memorizzazione (prima di provarlo allo strumento). Suggerivano di acquisire un pezzo a memoria, visualizzandolo mentalmente per mezzo della lettura silenziosa. Hanno illustrato il loro metodo di analisi della partitura in modo minuzioso, fornendo esempi specifici. Per essi come per Matthay, la teoria musicale è il caposaldo della musica e dovrebbe rappresentare il fondamento della nostra memoria. Il teorico musicale Eugene Narmour descrive la relazione tra esecuzione e teoria musicale, utilizzando le seguenti parole: “La teoria musicale […] ha uno scopo più nobile che insegnare ai musicisti come acquisire una conoscenza dello stile musicale o istruirli circa i modi migliori per leggere la musica. Lo scopo ultimo di ogni teoria non è utilitaristico o didattico, ma esplicativo: buone teorie della musica illustrano i veri significati sintattici inerenti a qualunque relazione musicale”

Di seguito un esempio di memorizzazione della partitura attraverso la sua analisi proposto da Leimer e Gieseking:

memoria analitica pianoforte

“Il primo compito consiste nel ritenere a mente tutte le note, di conoscere cioè tutto il brano così bene da poterlo trascrivere completamente dalla memoria. Anzitutto dobbiamo orientarci sul tempo e sulla tonalità: 2/4 e do maggiore. La mano destra incomincia sul secondo sedicesimo con la sesta mi’’-do’’’. Seguono poi altre seste, ognuna del valore di un sedicesimo, discendendo per due ottave di seguito fino a raggiungere il mi-do’. Nella 3.a e 4.a misura il movimento delle seste procede in forma di scala ascendente dal re-si per due ottave fino al mi’’-do’’’. La 5.a e 6.a misura sono eguali alla 1.a e alla 2.a, soltanto che alla sesta dell’accordo si aggiunge sempre anche la terza. La 7.a misura è uguale alla 3.a pure con l’aggiunta della terza dell’accordo. L’8.a misura ripete le prime tre seste della 4.a misura e chiude con altre due seste fa’-re’’ e mi’’-do’’. Come accompagnamento abbiamo nella mano sinistra l’accordo arpeggiato di do maggiore. Nella 1.a misura do del valore di un quarto, seguito da pausa di un quarto, nella 2.a, 3.a e 4.a misura mi, sol, do, ciascuna del valore di un quarto e seguita da pausa di un quarto. Le misure dalla 5.a all’8.a sono nella mano sinistra eguali alle prime quattro. Con questa riflessione, ritenendo con un’attenta lettura la grafia, si riesce a suonare di primo acchito queste otto misure senza note” (Leimer & Gieseking, 1933, p. 21-22).

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