Nel caso del pianoforte le indicazioni dinamiche sono un aspetto essenziale dell’esecuzione per rendere vivo e vitale il suono dello strumento. L’attenzione a questi aspetti del discorso musicale tende a passare in secondo piano per i principianti, ma va incoraggiata fin dall'inizio del percorso di studio.
Nella terminologia musicale la dinamica è la gestione delle intensità sonore e della loro gradazione da adottare nella sua esecuzione, e, per estensione, anche degli elementi stilistici e funzionali della stessa. (cfr Wikipedia). Questo aspetto del discorso musicale riveste una grande importanza nel caso del pianoforte, il quale porta inscritto nel suo stesso nome, piano forte appunto, proprio questa caratteristica espressiva ovvero la possibilità di modulare l’intensità del suono con diverse dinamiche che lo distinguono dai precedenti strumenti a tastiera come ad esempio il clavicembalo.
Non a caso Anton Rubinštejn a proposito del pianoforte disse: "Voi pensate che si tratti di uno strumento? Sono cento strumenti!", così come Carl Czerny, didatta e musicista austriaco, che ha tormentato generazioni intere di pianisti con un catalogo inesauribile di studi e di esercizi, stabilì che al pianoforte si possono trasmettere cento gradazioni dinamiche collocate entro limiti che si possono chiamare ancora non suono e non più suono.
Avere una piena coscienza delle possibilità dinamiche dello strumento, mette al riparo da uno dei principali errori in cui possono incappare insegnanti e pianisti in merito alla percezione e alla riproduzione del suono al pianoforte ovvero una sottovalutazione di questo aspetto essenziale. Come scrive Heinrich Neuhaus nel suo prezioso L’arte del pianoforte: “Chi suona non si sofferma abbastanza sulla straordinaria ricchezza dinamica e sulla varietà sonora del pianoforte. La sua attenzione è rivolta soprattutto alla "tecnica" in senso stretto, di cui ho parlato sopra: agilità, uniformità, "bravura", brillantezza ed effetto esteriore; il suo orecchio non è abbastanza sviluppato, non gli basta l'immaginazione, non è capace di ascoltarsi, e, naturalmente, neanche di ascoltare la musica. In genere è homo faber più che homo sapiens, mentre un artista deve essere questo e quello (con una certa prevalenza dell'ultimo). In conclusione, si ottiene un tessuto musicale simile a un grigio tessuto militare”.
Il rischio in cui si può incappare piuttosto facilmente è proprio quello di ottenere un tessuto musicale grigio e monotono. Nel caso del pianoforte, la cui meccanica consiste in una serie di martelletti che battono su delle corde, le sfumature espressive e di fraseggio non possono essere affidate alla variazione nell'attacco delle singole note (colpo d'arco negli strumenti ad arco e colpo di lingua negli strumenti a fiato) ma passano necessariamente attraverso la sensibilità esecutiva e tutta una serie di attenzioni che consentono al pianista di rendere il proprio strumento qualcosa di vivo e vitale.
Come si comprende facilmente, tutto questo comporta anche una maggiore complessità e difficoltà nell’affrontare una esecuzione pianistica. Il pianista non si limita a abbassare una sequenza ordinata di tasti ma deve, ad esempio, fare attenzione a variare spesso il colore per evitare di rendere un suono piatto, badare all’uguaglianza del tocco, rinnovare il pedale di risonanza, rispettare legature e staccato, avere l’accortezza di tenere la mano che suona la melodia ad una altezza sonora maggiore rispetto all’altra, rispettare rallentamenti, accelerazioni, ritenute presenti in partitura e molti altri aspetti, tutti di estrema importanza ai fini della corretta esecuzione.
Una delle pecche di impostazione in cui comunemente incappano i neofiti del pianoforte è quella di suonare senza dinamiche. È del resto comprensibile che, per questi ultimi, la cura degli elementi di espressione possa apparire ostica e secondaria rispetto all’acquisizione della capacità di suonare leggendo le note sullo spartito e mantenendo una posizione corretta. Tuttavia, è estremamente importante, fin da subito, tenere in considerazione le dinamiche per evitare di acquisire la cattiva abitudine di porle sempre in secondo piano rispetto alla lettura delle note, mentre sono due aspetti che devono procedere in perfetta simultaneità.
Fino al XVIII secolo le indicazioni dinamiche o segni di espressione, non erano riportate nella scrittura musicale ed erano a discrezione dell'esecutore. Le prime esplicite indicazioni in tal senso si hanno con la cosiddetta "Mannheimer Schule" (Scuola di Mannheim).
Saranno, poi, il romanticismo e l’espressionismo a portare al massimo la cura per la dinamica facendone il maggiore parametro espressivo, anche a causa della dimensione degli organici e delle sale da concerto. A partire da allora, i compositori hanno riservato particolare attenzione alla precisa indicazione delle dinamiche all’interno della notazione musicale.
Per il pianoforte le indicazioni di dinamica dette segni di espressione o segni dinamici sono riportate in corsivo e inserite fra i due pentagrammi, quello in chiave di violino per la mano destra e quello in chiave di tenore per la mano sinistra, e l’indicazione è da considerarsi valida per entrambe le mani.
Di seguito tutte le indicazioni dinamiche che possono essere riportate in un pentagramma.
I due segni dinamici basilari in musica sono:
p o piano
f o forte
Le gradazioni di intensità dinamica intermedie sono indicate da:
mp o mezzo piano, che sta per moderatamente piano.
mf o mezzo forte, che sta per moderatamente forte.
Oltre il forte e il piano vi sono anche:
pp o pianissimo, quindi molto piano (per rendere il quale spesso si utlizza anche il pedale di sinistra)
ppp o piano pianissimo o pianissimo piano o più piano possibile o pianissimissimo
ff o fortissimo, quindi molto forte ( per rendere il quale il pianista si aiuta spesso con il pedale di destra detto anche del forte)
fff o forte fortissimo o più forte possibile o fortissimissimo
sfz, sf, sfff, sffz, fz o sforzato, sforzando, forzando, subito forzando
rfz, rf o rinforzando, rinforte
La variazione di dinamica può essere repentina oppure graduale. In quest’ultimo caso si utilizzano termini come cresc. (crescendo) e dim. (diminuendo), talvolta accompagnate dall’espressione poco a poco. Spesso le locuzioni crescendo e diminuendo possono essere sostituiti da simboli rappresentati da forcelle, ovvero coppie di linee orizzontali che divergono dipartendosi da un punto e indicano un crescendo o si avvicinano chiudendosi in un punto e indicano il diminuendo. Una tecnica per rendere meglio i crescendo e decrescendo è quello di eseguirli verso la fine della battuta, in questo modo si hanno molte meno note da controllare e la variazione progressiva del colore del suono, in un senso o nell’altro, sarà molto più evidente.
Bisogna ricordare, a questo proposito, che in musica classica, nella maggior parte dei casi, quando le note salgono dai bassi verso gli acuti anche il volume del suono cresce, quando, invece, le note vanno dagli acuti verso i bassi anche il volume delle note decresce. Si tratta di una regola generale che, eseguendo musica classica, bisogna tenere presente.
Infine, bisogna sottolinerae che le indicazioni di dinamica non hanno un riscontro oggettivo e che risentono del contesto interpretativo in cui si suona. L’interpretazione di una indicazione dinamica deve, ad esempio, tenere conto del genere e dell’epoca della composizione, per il semplice motivo che un "forte" in una opera di Mozart non può avere lo stesso significato di un "forte" in un'opera di Gustav Mahler.