Dopo le considerazioni sul respiro della precedente lezione, in questo nuovo articolo torniamo a svolgere ulteriori considerazioni su postura e rilassamento come chiavi indispensabili ai fini della resa pianistica.
Una volta che si è stati in grado di raggiungere il controllo sul respiro, cosa che, in una fase inziale dello studio dovrebbe riuscire con una certa facilità, la postura al pianoforte ne potrà trarre un immediato beneficio. Ci si dovrà sedere a metà dello sgabello, in modo tale da permettere lo scarico del peso sulle gambe, raddrizzare la schiena e rilassare le spalle. Per conseguire in modo più immediato uno stato di rilassamento, può risultare utile effettuare sia un movimento rotatorio delle spalle, sia dei leggeri piegamenti laterali del capo, che aiuteranno a distendere le vertebre cervicali. Una volta che si è raggiunta una soddisfacente scioltezza muscolare, sarà possibile iniziare la fase di studio, appoggiando le mani sulla tastiera, mantenendo i gomiti all’altezza di quest’ultima. Bisogna ricordarsi di monitorare con una certa regolarità lo stato di morbidezza sia delle spalle che delle braccia, perché nel momento in cui tutta l’attenzione è concentrata sullo spartito, è necessario un certo periodo di tempo prima che divenga automatico suonare col massimo della rilassatezza possibile.
È del tutto ovvio che, per poter suonare il pianoforte, si debbano contrarre continuamente numerosi muscoli, ma è di fondamentale importanza azionare una sorta di “risparmio energetico”, in modo da scongiurare inutili oltreché dannose tensioni muscolari, che incidono negativamente sull’esecuzione. Attilio Brugnoli, circa un secolo fa, nel suo celebre trattato La dinamica pianistica ha analizzato con estrema minuzia i movimenti necessari per suonare con i vari tipi di tocco e una sezione rilevante del suo metodo è dedicata all’approfondimento dell’anatomia della mano e del braccio. Appare evidente che per un pianista non è necessario conoscere il nome e il numero dei muscoli del proprio corpo, ma piuttosto assimilare l’ottimizzazione del loro uso, riuscendo a suonare senza produrre movimenti oppositivi e senza rigidità.
Riguardo allo stato di rilassatezza e alla concentrazione indispensabili per una buona esecuzione, il grande pianista Claudio Arrau ha affermato di aver tratto ispirazione nel libro Lo zen e il tiro con l’arco di Eugen Herrigel. Le frasi «Dovete imparare a lasciare costantemente rilassati le braccia e i muscoli delle spalle, come se fossero insensibili» e «Non pensare a ciò che devi fare e a come devi farlo... Non lasciarti confondere dalla presenza degli spettatori, ma porta a termine il rito come se fossi solo», si dimostrarono illuminanti e fornirono a lui lo spunto per riuscire a a trovare quella dimensione spirituale senza la quale ogni esecuzione diventa mero esercizio fisico. Per questo motivo l’emozione o l’ansia da prestazione non dovrebbero mai avere incidenza sulla rilassatezza muscolare né impedire una respirazione profondo e controllata durante l’esecuzione. Non è mai superfluo ribadire, a questo proposito, che è decisivo ai fini della resa esecutiva essere in grado di fare in modo che lo stato tensivo sia ridotto al minimo indispensabile, in modo che il peso naturale del corpo lavori per noi, anziché contro di noi.